Scordò la pistola in bagno, guardia giurata vince al Tar e riottiene il porto d'armi

foto di repertorio
PORDENONE Andò nella toilette del White Bar di Longarone, si tolse il cinturone con la pistola perchè doveva andare in bagno e lo dimenticò infilato nella...

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PORDENONE Andò nella toilette del White Bar di Longarone, si tolse il cinturone con la pistola perchè doveva andare in bagno e lo dimenticò infilato nella maniglia della porta. A trovarlo fu un cliente del locale. Era il 30 luglio 2018. Da quel momento per una guardia giurata che risiede in provincia di Pordenone sono cominciati i guai. La denuncia per omessa custodia dell'arma si è risolta con un'archiviazione da parte del gip del Tribunale di Belluno per particolare tenuità del fatto. Ma un anno e mezzo dopo si è visto negare il rinnovo del porto d'armi da parte della Prefettura di Pordenone. Ieri la sentenza emessa dal Tar del Friuli Venezia Giulia gli ha evitato la perdita del lavoro, perchè ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato Luca Colombaro e annullato il decreto prefettizio.


LA VICENDA
La guardia giurata recuperò nella stessa giornata la pistola dimenticata al bar. Il barista aveva atteso qualche ora nella speranza che l'uomo tornasse a riprendersela, ma alla fine fu costretto a consegnarla ai carabinieri della stazione di Longarone, che rintracciarono il vigilante. Quel giorno era così stanco che non si accorse di aver dimenticato cinturone con fontina e arma. Partì la denuncia alla Procura di Belluno, poi archiviata, e contemporaneamente la Prefettura di Pordenone avviò un procedimento amministrativo che, all'estito dell'archiviazione sotto il profilo penale, non ebbe alcun seguito. Due anni dopo, con un decreto datato 18 settembre 2020, la Prefettura di Pordenone ha negato il rinnovo della licenza di porto di pistola.
LA DIFESA
Davanti al Tar, l'avvocato Colombaro ha contestato il fatto che la Prefettura nella sua decisione non ha tenuto conto l'esigenza della guardia giurata di ottenere il porto d'armi esclusivamente ai fini lavorativi e il fatto che il vigilate in trent'anni di lavoro non aveva mai abusato dell'arma o dimostrato di essere inaffidabile. C'era inoltre una contraddittorietà con il precedente procedimento della Prefettura che non aveva avuto conseguenze, in quanto si era tenuto conto dell'archiviazione disposta dal giudice penale.
LA SENTENZA

I giudici hanno restituito pistola e, di conseguenza, lavoro alla guardia giurata. Hanno ritenuto che la Prefettura avesse valutato soltanto quella che è stata l'unica mancanza del vigilante, senza tenere in considerazione che per trent'anni il suo comportamento era stato specchiato e affidabile. Secondo i giudici, non si può dare una rilevanza pregnante a un «singolo sfortunato episodio» che pvrebbe comportato la perdita del lavoro. Le spese di giudizio sono state compensate
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Il Gazzettino