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VENEZIA - Lo sciopero dei buoni pasto si allarga a macchia di leopardo. Dopo Venezia e Rovigo, la protesta voluta dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) a cui ha aderito anche l'Aepe (associazione veneziana) prende sempre più piede. Il motivo che porterà gli esercenti a non accettare i buoni pasto per tutta la giornata del 15 giugno sta nelle commissioni. Troppo elevate le percentuali richieste dalle aziende che emettono il servizio, che mediamente si attestano al 20%. Cifre troppo elevate, che rischiano di inficiare la produttività delle attività al punto da portare alla protesta. Anche Confcommercio Venezia tuona contro l'incremento delle commissioni e il presidente provinciale Fipe di Venezia e Rovigo, Massimo Zanon, chiede una riforma urgente per rendere sostenibile l'attività economica.
Dal piccolo esercizio commerciale al supermercato, passando per le imprese della distribuzione commerciale per un giorno i buoni degli aderenti alla associazione di categoria si asterranno dall'accettare lo strumento di pagamento. Un disagio per i clienti, ma che mira a sensibilizzare le persone sulle difficoltà a cui stanno andando incontro le attività della categoria.
Per fare un esempio, a fronte di un buono da 10 euro, l'incasso effettivo da parte dell'esercente ammonta a 8 euro, se non meno. Cifre frutto di un accordo che si sviluppa tra la Consip, organo dello Stato, e gli erogatori. Per rendere sostenibile l'attività Ernesto Pancin, direttore dell'Aepe di Venezia aveva chiesto nei giorni scorsi che la tassazione riguardasse la gestione del servizio, senza toccare ulteriormente il valore nominale del buono. Un fattore che così andrebbe a rendere più sostenibile l'attività di chi offre da mangiare ai dipendenti provvisti di buoni pasto. Il presidente Zanon ha voluto precisare che lo sciopero non riguarda i lavoratori o i fruitori del buono pasto, anzi: «L'obiettivo è proprio quello di salvaguardare la funzione e il valore del buono pasto e, soprattutto, di mantenere i margini di vantaggio e praticità per lavoratori e i loro datori di lavoro». Altrimenti il rischio è proprio quello di rendere inutilizzabile uno strumento utile da un lato per le aziende, che si trovano una platea di clienti, e dall'altro lo Stato che può risparmiare attraverso la nuova asta che si terrà a breve.
MODIFICHE
Per evitare che il delta di differenza tra costo e marginalità ricada in maniera eccessiva sugli esercenti, visto che si tratta di un'asta al massimo ribasso, Zanon continua a chiedere alcune modifiche: «Il buono pasto rischia di diventare davvero inutilizzabile. C'è bisogno di una vera riforma che renda il sistema economicamente sostenibile. Ma è altrettanto urgente far sì che la prossima gara Consip non venga aggiudicata con gli sconti delle precedenti perché saremo sempre noi a pagarli».
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