Scarpe, la Riviera punta su qualità della produzione e va controcorrente

Scarpe, la Riviera punta su qualità della produzione e va controcorrente
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PADOVA - (lil.ab.) Come tutti, anche i calzaturieri del Brenta hanno sentito il peso della crisi. Ma nel breve (si fa per dire) arco di cinque anni la storia si è rovesciata, e oggi il distretto nel suo insieme corre come e più di un tempo. Peraltro, in controtendenza agli altri distretti calzaturieri italiani. Qual è il segreto? «Non rincorrere i numeri, ma la qualità», dice sicuro Siro Badon, presidente dell'Acrib che ieri pomeriggio ha tenuto l'assemblea annuale a Padova. L'impoverimento del ceto medio conseguente alla crisi economica mondiale ha posto di fronte i calzaturieri a un bivio: tagliare i costi e inseguire la produzione di massa o rilanciare sfruttando la qualità derivante da decenni di storia e di arte industriale. La seconda opzione ha pagato in minor tempo del previsto. I grandi brand, le grande case di moda hanno trovato nella flessibilità e nella scuola del Brenta la migliore risposta a livello mondiale per la produzione di calzature di alta gamma. Le griffe nascono nelle 532 aziende che compongono la filiera, aumentate di 12 unità nel 2016 mentre il resto d'Italia ha perso 97 imprese, con una crescita di 360 addetti rispetto al calo di 297 del resto delle imprese italiane. E per la prima volta nella sua storia il distretto ha superato i 2 miliardi di euro di fatturato grazie ai quasi 20 milioni di paia prodotti.

«Siamo riusciti a fare sinergia con le grandi griffe - spiega Badon - ed è qualcosa di sorprednente se si pensa invece alle difficoltà, direi tipicamente venete, di fare squadra tra noi. Il fatto è che siamo grandi produttori, ma non altrettanto grandi venditori. Però la capacità produttiva di alto livello ci ha salvati: altrimenti i francesi non sarebbero venuti a cercarci...».
Una scuola, quella dei calzaturieri del Brenta, nata con i grandi artigiani del dopoguerra e consolidata dai figli che negli anni 60 e 70 hanno fatto il salto di qualità e quantità. Oggi, che è avviato il terzo passaggio generazionale, è il momento anche per i calzaturieri di entrare nell'industria 4.0. «Che per noi significa aumento del livello qualitativo a un punto non replicabile da altri - chiarisce Badon - grazie anche alla formazione fornita dal Politecnico che forma i nuovi calzaturieri; ma significa anche applicazione delle tecnologie digitali nella produzione. La smart factory nasce dall'integrazione dei sistemi e di questi con l'uomo. Anche per questo la scelta di puntare sulla produzione di qualità è stata obbligata: i nostri costi non sono assorbibili se non da prodotti ad elevato valore aggiunto».

Una strategia che può essere replicata anche negli altri ambiti produttivi italiani? «Non lo so - mette le mani avanti il presidente Badon -: noi veneti siamo cresciuti con fondamentali culturali e valoriali particolari». A prova di imitazione.
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Il Gazzettino