VERONA - Cene a base di pesce in due ristoranti tra i più esclusivi del Veneziano, lontano da Verona, da occhi indiscreti. Un fiume di denaro, promesse, viaggi e compravendite....
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Ma anche rapporti mai tagliati, nei mesi torridi dell’inchiesta, con il mondo politico scaligero. Una vita di coppia nient’affatto francescana, con attico e mobilia di lusso, dove il pagamento con assegni o carta di credito era evento alquanto raro. Le 58 pagine scritte dal gip Guido Taramelli, che ha mandato in carcere l’ex vicesindaco Vito Giacino e ai domiciliari la moglie-avvocato Alessandra Lodi, offrono un quadrettino di politica rampante forse di moda, ma nientaffatto edificante. Nel mirino l’intreccio che lega Giacino, uno degli amministratori più potenti all’ombra del leghista Flavio Tosi, con un imprenditore disinvolto, Alessandro Leardini.
TOSI: «RESTA UN MIO AMICO» - «Vito Giacino era il mio vicesindaco, era ed è un mio amico, perché l'amicizia non si rinnega mai, e spero che possa dimostrare la sua innocenza».
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