In coda per fare una visita: si allungano i tempi di attesa, a rischio l'oncologia

Liste di attesa: si allungano ancora i tempi
FRIULI - Restano lunghi i tempi della salute, sia nelle strutture del pordenonese che in quelle dell’udinese. Non solo. La cosa peggiore è che ci sono ancora...

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FRIULI - Restano lunghi i tempi della salute, sia nelle strutture del pordenonese che in quelle dell’udinese. Non solo. La cosa peggiore è che ci sono ancora migliaia di prestazioni che devono essere recuperate dai tempi della pandemia, quando di fatto tutte le strutture sanitarie della regione erano concentrate sul Covid. A quei numeri che ovviamente pesano sull’operatività ci sono poi da aggiungere gli altri, quelli che sono arrivati dopo e che a causa del rallentamento complessivo finiscono per allungare le attese. 


LA COSA PEGGIORE
L’assembramento di prestazioni ha portato a una situazione ancora più pesante soprattutto per quelle visite che vengono indicate dai medici di medicina generale per i loro pazienti con la lettera B. Si tratta di visite e prestazioni diagnostiche che per legge regionale dovrebbero essere tenute entro 10 giorni. Ebbene, salvo qualche rarissima eccezione non ce n’è una che rispetta i tempi. Quando va bene si arriva come minimo al doppio. Quando va bene. Altrimenti si deve aspettare anche 70 o 50 giorni. La tabella pubblicata a fianco è sicuramente indicativa e tra l’altro fa riferimento al mese di agosto che solitamente, visto le ferie, è quello in cui i numeri sono più bassi. 


LE INDICAZIONI
C’è da ricordare che i medici di base hanno due sollecitazioni dalle aziende sanitarie. La prima è cercare di ridurre al massimo gli esami diagnostici. La chiamano appropriatezza, ossia non dare prescrizioni random ma cercare di individuare eventuali patologie con esami mirati. La seconda sollecitazione che arriva ai medici è quella di cercare di fare prescrizioni “B” solo a fronte di un chiaro quadro clinico che può preoccupare. Ecco dunque che attendere anzichè 10, dai 30 ai 70 giorni può creare problemi. Non solo. I pazienti corrono ai ripari e davanti a loro hanno due strade.


L’INCROCIO
La prima è quella di finire al pronto soccorso. In attesa dell’esame specifico dato entro 10 giorni, ma in realtà atteso 40 e con i sintomi sempre presenti scelgono la strada più breve creando, però, ulteriori attese anche nei presidi di emergenza. La seconda possibilità , invece, è quella di andare a farsi visite e diagnostiche in Veneto dove non solo i tempi sono decisamente più brevi (anche quelli di prestazioni con sigle di attesa più lunga) ma se poi necessità pure un intervento chirurgico il ricovero è in una struttura “oltre confine regionale”. Cosa significa? Che la regione Friuli paga a piè di lista tutto al Veneto impoverendo ancora di più le strutture regionali.


IL SEGNALE
Uno degli aspetti positivi (anche se controversi e contestati dall’opposizione e dal sindacato) è il fatto che l’assessore regionale Riccardo Riccardi, in sintonia con il presidente Massimiliano Fedriga, abbiamo deciso, proprio per ridurre i tempi e frenare la fuga, di aumentare le strutture sanitarie private accreditate. Alcuni risultati positivi sulle attese, soprattutto in provincia di Pordenone dove ci sono meno strutture rispetto a Udine, sono già arrivati. 


I TEMPI


Crea sicuramente apprensione attendere più di un mese per una visita oncologia dopo aver avuto un campanello d’allarme su quel fronte, anche perchè poi ci sono altrettante attese (se non di più) per l’esame diagnostico, Tac o risonanze. Ma ci sono da regolare anche i tempi legati alle visite pneumologiche, visto che i problemi all’apparato respiratorio (compresi quelli post Covid) sono sempre in maggior aumento e 45 giorni sono decisamente troppi. Per non parlare poi delle visite ortopediche che spesso sono necessarie per riuscire a camminare o stare in piedi. Infine il problema di medici e infermieri. Qualche rinforzo è arrivato, ma siamo distanti dai numeri necessari.

 

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Il Gazzettino