I medici fuggono dall'ospedale, affitti meno cari per farli restare: ecco come funzionerebbe

Medici in ospedale
In una situazione di emergenza, c’è bisogno di percorrere tutte le strade, anche quelle che non sembrano centrali per il raggiungimento di un obiettivo. Ma che...

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In una situazione di emergenza, c’è bisogno di percorrere tutte le strade, anche quelle che non sembrano centrali per il raggiungimento di un obiettivo. Ma che possono aiutare. E in questo caso l’idea arriva dal Veneto, precisamente da Castelfranco, dove l’istituto di ricerca Iov ha inaugurato un nuovo metodo per attirare i medici (soprattutto giovani) e allo stesso tempo per convincerli a rimanere, anche se originari di altre zone d’Italia. L’idea consiste in un sistema di incentivi che riguardano l’affitto di casa (grazie a un patto con le aziende per l’edilizia locali) e dei bonus per l’asilo degli eventuali figli dei professionisti. E la possibilità adesso si affaccia anche in Friuli, con un primo e importante “sì” da parte dei due assessorati regionali coinvolti, cioè quello alla Salute e quello all’Edilizia convenzionata. 


IL QUADRO
Per provare a contrastare la costante emorragia di medici dal sistema pubblico della sanità, ormai vale tutto. Anche provare ad entrare nella vita privata dei professionisti per immaginare una sorta di welfare parallelo, che possa convincere i medici a rimanere (o ad arrivare) sul territorio invece di “emigrare”. L’affitto calmierato molto probabilmente non risolverà alla radice il problema, ma può rappresentare un segnale. Ed è quello che hanno intuito sia l’assessore Graziano Pizzimenti che il suo omologo Riccardo Riccardi. «L’idea è buona - spiega Pizzimenti - e siamo pronti a sperimentarla anche in regione nell’ambito dell’edilizia convenzionata. Sono assolutamente disposto a parlarne, perché il problema esiste e se dovessimo trovare uno strumento per limitarlo sarebbe una cosa buona e giusta». L’altro ok, quello più importante vista la centralità del problema nell’ambito del suo assessorato, arriva dal vicepresidente Riccardo Riccardi: «Sappiamo - premette - che il problema è più profondo di così, ma siamo disposti a lavorare anche sull’aspetto degli incentivi. Ogni forma in grado di convincere anche un solo medico a rimanere dev’essere analizzata, ogni strada dev’essere percorsa». 


I PROFESSIONISTI

Apprezzamento per l’idea da parte degli Ordini dei medici delle province di Pordenone e di Udine. «Immaginiamo ad esempio una struttura pubblica come un ospedale - spiega Guido Lucchini (Pordenone) - che chiama un medico da lontano ed è in grado, nel suo sistema, di offrire al professionista anche un aiuto dal punto di vista dell’affitto oppure un bonus per mandare i suoi figli all’asilo. È un incentivo per aiutare i medici ad avvicinarsi di nuovo al settore pubblico, per fidelizzarli. Sono pienamente d’accordo, andiamo avanti con questa iniziativa. Non sarebbe un vincolo, ma un segnale molto buono». Più o meno sulla stessa linea anche Gian Luigi Tiberio, rappresentante dell’Ordine per Udine. «Si tratta di misure che possono sicuramente aiutare in una situazione di emergenza. L’idea è assolutamente accettabile, anche perché siamo di fronte ad un precipizio, che si paleserà di fronte ai nostri occhi già nei prossimi mesi, quando non sapremo come sostituire i medici più anziani che lasceranno il lavoro sul nostro territorio». 


I DUBBI

Più perplessità, invece, da parte dei direttori generali delle Aziende sanitarie del Friuli centrale e del Friuli occidentale. «Per iniziare a risolvere il problema della carenza di medici - spiega Giuseppe Tonutti dell’AsFo - bisogna utilizzare la leva del lavoro, non tanto quella degli incentivi che riguardano la vita privata. Pensiamo prima ai contratti. Il metodo degli affitti potrebbe essere buono per gli infermieri». «Il problema - ribatte Denis Caporale (AsuFc) - è il riconoscimento di un giusto compenso per il lavoro massacrante che fanno i medici». 

 

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Il Gazzettino