Non ci sono anestesisti, operazioni a rischio: gli ospedali chiamano le cooperative e i sindacati minacciano la "guerra"

Medici al lavoro
Lo spettro delle cooperative, chiamate a gestire un servizio tra i più delicati come quello dell’anestesia in sede operatoria, arriva a materializzarsi anche in...

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Lo spettro delle cooperative, chiamate a gestire un servizio tra i più delicati come quello dell’anestesia in sede operatoria, arriva a materializzarsi anche in Friuli Venezia Giulia. E tra costi folli e soluzioni-tampone, i sindacati promettono che «sarà guerra». Si deve però compiere un primo passo indietro. Perché gli ospedali sono costretti a ricercare anestesisti dalle cooperative? Semplicemente perché oggi di anestesisti liberi altrimenti non se ne trovano. A novembre ci sarà l’uscita dei nuovi laureati dalle specialità, ma la domanda supera l’offerta. 


COSA SUCCEDE


C’è un’azienda sanitaria che più delle altre si sta avvicinando alla soluzione più contestata, cioè la “pesca” degli anestesisti dal bacino delle cooperative: è l’AsuFc, che copre l’area più vasta di tutta la regione e anche il più ampio fabbisogno di interventi chirurgici, visti i diversi poli attivi. Proprio a Udine l’emergenza si sente in modo più attuale. E con l’urgenza che “governa”, la scelta sembra ormai imminente. Servono anestesisti e servono subito, quindi la soluzione sembra essere solo quella delle cooperative. Situazione momentaneamente diversa in seno all’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale, anche se i numeri sono allo stesso modo impietosi. «Per ora - ha spiegato il direttore generale Giuseppe Tonutti -, cerchiamo di tamponare una falla che evidentemente è presente con le ore aggiuntive del personale che abbiamo». Quindi straordinari, tra l’altro in un ruolo già delicato (per ritmi e stanchezza) per una sala operatoria. «Confidiamo nella scadenza di novembre - prosegue il direttore generale dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale -, quando gli studenti termineranno le specialità. Faremo certamente un bando, il problema è rappresentato però dai numeri». Ad esempio, all’ospedale di Pordenone - se si volessero potenziare anche le automediche e garantire allo stesso tempo un ottimo ritmo della Chirurgia - servirebbero circa 12 anestesisti. 


IL PROBLEMA


Perché la scelta di ricorrere agli anestesisti delle cooperative rischia di innescare una nuova “bomba” all’interno del già martoriato mondo della sanità regionale? Il problema di base è quello del compenso. Come ogni soluzione emergenziale, infatti, anche questa costa tremendamente di più rispetto a quella “normale”. E la differenza in questo caso è abissale. Per rendere l’idea, in un singolo reparto si troverebbero a lavorare fianco a fianco professionisti pagati rispettivamente 20 e 120 euro l’ora. Uno scenario che non allontanerebbe di certo il rischio di tensioni tra il personale. 


LA PROTESTA


Si dirà che «è il mercato». Ed è in parte vero. Si dirà anche che senza anestesisti le sale operatorie si fermerebbero del tutto, con tanti saluti alla ripresa post-Covid. Ma c’è chi comunque promette di fare le barricate. «Stiamo lottando in tutti i modi affinché le strutture non scelgano gli anestesisti delle cooperative - spiega Alberto Peratoner (Anaao) -. Siamo però vicini alla scelta da parte di alcuni direttori, soprattutto nel territorio di Udine. Ci potremmo trovare con una sala operatoria che lavora con personale pagato sei volte di più rispetto a quello che lavora nella stanza accanto. Sarebbe intollerabile, si aprirebbe una “guerra”». Ma soprattutto si rischierebbe di incentivare ancora di più all’uscita dalla sanità pubblica gli anestesisti “standard”, cioè quelli che fino ad oggi hanno lavorato per venti euro l’ora. 

 

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Il Gazzettino