Trasfusione con sangue infetto, ministero condannato a risarcire i figli della vittima con 700mila euro

Sangue
TRIESTE - Il tribunale civile di Trieste ha condannato il ministero della Salute a pagare un risarcimento di oltre 700.000 euro ai parenti di un uomo deceduto a causa di una...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

TRIESTE - Il tribunale civile di Trieste ha condannato il ministero della Salute a pagare un risarcimento di oltre 700.000 euro ai parenti di un uomo deceduto a causa di una trasfusione di sangue infetto. Lo rende noto lo studio legale dell'avv. Pietro Frisani, del Foro di Firenze, che ha assistito la famiglia del paziente poi morto. L'uomo, si spiega, contrasse un'infezione da virus Hcv, poi degenerata in cirrosi epatica, a seguito di una trasfusione eseguita nel 1981 presso gli Ospedali riuniti di Foggia, in occasione di un intervento chirurgico.



L'azione civile è stata intrapresa davanti al tribunale di Trieste dai 4 figli della vittima, assistiti dall'avvocato Frisani, poiché la malattia fu diagnosticata diversi anni dopo, nel 1998, all'ospedale di Udine. Il giudice ha condannato il ministero a pagare 175.600 euro a ogni figlio come risarcimento del danno patito. «Agli atti della presente causa - si legge nella sentenza - non risulta che alcuna attività concreta mediante ispezioni, controlli o moduli operativi sia stata effettuata dal ministero della Salute sul sangue trasfuso nei primi anni '80 da parte degli Ospedali riuniti di Foggia».

L'attività ispettiva, si legge ancora nella sentenza, «avrebbe impedito la donazione di sangue da parte di soggetti che manifestavano sintomi di un'epatite in atto» e dunque «sarebbe stata idonea a escludere un estremamente rilevante fattore di rischio di contagio». «È dunque provato - conclude il giudice - che il ministero della Salute non ha adempiuto ai propri doveri di controllo e vigilanza».

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino