Sala della palestra piena per il predicatore contestato Gianfranco Amato: «Dietro alla propaganda gender c'è un business»

Il luogo gli era stato concesso dal Comune di San Martino al Tagliamento

La sala della palestra durante l'evento
SAN MARTINO AL T. (PORDENONE) - È stata paragonata alla propaganda dei regimi totalitari la teoria gender, in occasione dell’incontro che si è tenuto...

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SAN MARTINO AL T. (PORDENONE) - È stata paragonata alla propaganda dei regimi totalitari la teoria gender, in occasione dell’incontro che si è tenuto mercoledì sera a San Martino, in una palestra comunale gremita di ascoltatori che hanno annuito alle parole del relatore, intervenendo, in qualche caso, a loro volta. A partecipare alla conferenza-dibattito organizzata dal gruppo “Sammartinesi per il buon senso” e intitolata “Gli errori della teoria gender tra i banchi di scuola” sono state più di cento persone, incuriosite dall’esposizione dell’avvocato Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita e direttore del comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio permanente sulle famiglie della Regione siciliana. Contestato “predicatore” che si è auto dichiarato omofobo. Tra questi, diversi insegnanti, esponenti dell’opposizione in consiglio comunale e del mondo cattolico (tra cui don Daniele Rastelli, parroco di Arzene), provenienti non solo da San Martino ma da tutto il pordenonese. Presente anche il consigliere regionale Markus Maurmair.

Stando ad Amato, con questa teoria, soprattutto se applicata dall’infanzia, si formano «soggetti incerti, confusi, fragili e indifesi, e quindi manipolabili: i perfetti consumatori». L’avvocato ha citato diversi discorsi pronunciati dall’ex funzionaria delle Nazioni Unite Amparo Medina, che avrebbe dimostrato come, dietro alle leggi e ai programmi promossi dalle istituzioni e legati all’argomento gender si celi un business. Riferendosi all’articolo di legge sull’identità di genere in vigore in diversi paesi dell’America Latina, che prevede che essa sia riferita a come una persona si sente (e possa non corrispondere con il sesso), Medina ha affermato, come riportato da Amato, «non pensate che tutti quei signori hanno proposto la stessa legge per una pura coincidenza. Tutti loro sono stati pagati, anche se non in modo diretto, e hanno ricevuto una cartella da noi dell’Onu in cui era contenuto il discorso esatto di cosa dire e come dirlo per legalizzare la prospettiva di genere».

LE TEORIE

Per la presidente della Red Pro Vida dell’Ecuador «se io riesco a convincere te, donna – ha condiviso l’avvocato –, he in realtà non sei una donna perché domani potresti sentirti uomo ed essere uomo, anche se quando esci dalla doccia vedi un corpo di una donna allo specchio; se riesco a dirti che puoi essere un uomo, chiamarti come un uomo, e usare ormoni perché tu possa sembrare un uomo, domani posso convincerti di qualunque cosa». Parafrasando Tommaso D’Aquino, Amato ha dichiarato che «non sono i miei sentimenti che creano la realtà, ma è la realtà che condiziona i miei sentimenti. La contestazione di questo principio tomista è alla base della teoria gender, per la quale quello che conta non è l’evidenza oggettiva della realtà, ma la percezione soggettiva». Un concetto «pericoloso – per l’avvocato – che ha influito incredibilmente nei nostri paesi».

CARRIERE ALIAS

Per quanto riguarda l’Italia, per il relatore e i simpatizzanti è «una fortuna che non sia passato il ddl Zan». In compenso, «sono sempre di più – spiega Amato – le carriere alias che vengono introdotte nelle scuole». Il relatore ha espresso contrarietà anche per quanto riguarda gli standard per l’educazione sessuale in Europa dell’Oms, che tra le voci parlano di «masturbazione infantile precoce», e il tema dell’utilizzo di farmaci per bloccare la pubertà. Si è concluso che quella sul gender è «una delle ideologie più insidiose della storia».

CARABINIERI IN SALA

Per Maurmair, «la sala piena dimostra che c’è una preoccupazione che va ascoltata. Da una delle comunità più piccole del Friuli Venezia Giulia esce una voglia di confronto». Il sindaco Francesco Del Bianco, che non ha patrocinato l’evento, ma concesso l’utilizzo della palestra comunale, sostiene di «non aver fatto nulla di coraggioso», nonostante la distanza di visioni. «L’argomento non mi interessa e non sento la necessità di approfondirlo – taglia corto –, ma i cittadini sono liberi di organizzare iniziative». A presidiare i locali, i carabinieri e gli agenti della polizia locale.

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Il Gazzettino