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VENEZIA - Piazza San Marco, plateatico del Caffè Quadri: il segretario federale Matteo Salvini va a concludere la sua due-giorni di campagna elettorale in Veneto. Calle del Pestrin, corte di Palazzo Ferro Fini: i consiglieri regionali della Lega entrano per iniziare l'ultima seduta d'aula prima della sosta estiva. Li separano appena 500 metri, ma soprattutto i 5.000 euro chiesti da via Bellerio ai territori per sostenere la corsa alle Politiche. «Non parlo di soldi, ognuno darà quello che vuole dare», prova a stemperare la polemica il leader. «Invece bisogna parlarne, perché se non ci vengono date delle spiegazioni, noi non paghiamo», rilanciano tesserati storici come Fabiano Barbisan e Fabrizio Boron.
CLIMA
Il botta e risposta avviene nel giro di pochi minuti, ma rigorosamente a distanza, nella reciproca inconsapevolezza delle rispettive dichiarazioni. L'assessore Francesco Calzavara e il vicepresidente Nicola Finco, per dire, apprendono casualmente della presenza di Salvini a Venezia mentre si trovano al bancone del bar interno, durante una pausa dei lavori consiliari: «Non sapevamo che il nostro segretario fosse qui. Il contributo per i candidati? Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione diretta, aspettiamo informazioni dal gruppo».
QUATTRINI
Più o meno negli stessi minuti, Salvini vorrebbe spegnere subito i fuochi, sotto la prima pioggerellina d'agosto. Ma poi il leader finisce per tirare una stilettata ai consiglieri regionali, pur senza nominarli: «In un momento di difficoltà economica per milioni di famiglie, io penso che chi prende stipendi da migliaia di euro al mese debba solo ringraziare e lavorare. Però non mi occupo di quattrini, noi non abbiamo banche, sindacati o poteri forti alle spalle. Ognuno di noi dà liberamente il suo contributo, ci sono sindaci in Veneto che prendono 500 euro di rimborsi al mese e li danno tutti alla Lega per fare attività politica. Quindi ognuno sceglierà in base alla sua coscienza: io non obbligo nessuno a fare niente controvoglia».
CONTI
Punti sul vivo, i leghisti eletti con Luca Zaia non ci stanno a passare per tirchi. Sbotta ad esempio Barbisan: «Questa richiesta è fuori dai sentimenti. Da sette anni ogni mese verso 1.200 euro per il funzionamento del movimento, ma alle Regionali dai parlamentari in carica ho ricevuto zero. Lo dico da imprenditore: se chi tiene i conti della campagna elettorale, non li sa far quadrare, è meglio che il partito cambi il cassiere». Boron torna alla carica: «Mi devono spiegare la logica di questo contributo. Ma siccome una logica non c'è, non credo che riceveranno tanti sì. Per quale motivo dovrei finanziare un candidato che magari, siccome ha i santi in paradiso, può contare pure sul collegio sicuro?». Aggiunge poi Roberto Bet: «Noi contribuiamo già mensilmente con 1.200 euro alle casse della struttura, in aggiunta al versamento forfettario effettuato al momento dell'elezione. Ora chiedo che venga formalizzata la questione, per capire i motivi di questa iniziativa». In riva al Canal Grande va così. Manca solo l'ironica provocazione di Stefano Valdegamberi: «Sono pronto a pagare anche 100.000 euro, ma voglio il posto sicuro in Parlamento...». E scoppia in una risata delle sue.
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Il Gazzettino