VENEZIA/ROMA -Brillano di luce propria. Il tesoro d'oro di Venezia ha uno splendore palpabile. Il colpo d'occhio è un picco di vertigine per lo spettacolo di preziosità...
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Ma nella Capitale sono state ricoverate in un laboratorio molto speciale dell'Istituto superiore per la conservazione e restauro del ministero per i Beni culturali diretto da Gisella Capponi. E con un complesso e delicatissimo intervento durato oltre un anno, l'équipe di restauratrici guidata da Daila Radeglia ha salvato il tesoro, ritrovando la sua originaria maestosità aurea.
E il pubblico di Roma avrà l'opportunità eccezionale di vederlo in anteprima, grazie all'apertura straordinaria gratuita dei laboratori dell'Iscr da lunedì prossimo al 20 febbraio (via di San Michele 23 su prenotazione 0667236228, con quattro turni al giorno di un'ora ciascuno), dopodichè l'opera verrà riconsegnata alla chiesa veneziana il 26 febbraio. La visita ha un carattere unico.
Le tavole con i Santi Gerolamo, Sabina, Lizerio, Margherita e Agata, e il delizioso angelo con cartiglio, infatti sono custodite in un ambiente climatizzato. Lo chiamano "l'acquario", una stanza confinata rispetto al grande salone del laboratorio, dove per la prima volta sono state ricreate le stesse condizioni climatiche della chiesa di Venezia, dove i valori di umidità oscillano tra il 70 e il 90 per cento (anche perche' al di sotto vi è una cripta perennemente allagata). Le restauratrici, non a caso, hanno lavorato con i maglioni...a rischio raffreddore.
Il risultato sarà presto svelato. Ora splendono tutti i dettagli della decorazione che rimanda allo stile cortese e raffinato e alla estrema eleganza di Gentile da Fabriano e all'epopea del Gotico fiorito. La raffinatezza degli abiti, le pellicce, le aureole, i libri, le corone e quell'oro massiccio che fa risplendere il tutto. "L'artista ha utilizzato oro ad alto titolo, applicando la foglia d'oro con la tecnica a guazzo", avverte la Radeglia. Ma nell'opera (la cui preziosità fece meritare alla cappella che lo custodisce la fama di Cappella d'Oro) riecheggia anche un'aura letteraria e musicale molto speciale.
La cappella e i suoi gioielli d'arte furono infatti commissionati da quella Elena Foscari, badessa dal 1437 del convento benedettino di San Zaccaria, ma soprattutto sorella del tristemente noto e sventurato doge della Venezia del '400 Francesco Foscari, che ha ispirato il dramma storico di Lord Byron "I due Foscari" (1821), rivisitato in opera lirica da Giuseppe Verdi. "Il polittico aveva la funzione di contenitore di reliquie - racconta la Radeglia - delle quali il convento era particolarmente ricco, secondo a Venezia solo a San Marco, grazie ai rapporti privilegiati che intratteneva con il dogato". Non a caso, durante il restauro, un pannello più piccolo al centro dell'opera si è rivelato essere uno sportello attraverso cui accedere alla nicchia retrostante scavata nel muro nel quale doveva essere conservato un reliquario contenente il sangue di Cristo come si e' dedotto dall'iscrizione riportata alla luce "hic sanguis christi". Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino