Safilo di Longarone, accordo vicino con Thélios e Fulchir per salvare i 458 posti di lavoro

Una manifestazione davanti allo stabilimento di Longarone della Safilo
LONGARONE (BELLUNO) - Doppia trattativa per salvare i 458 posti di lavoro della Safilo di Longarone. Dopo l’ipotesi di acquisto da parte di Thélios, del gruppo...

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LONGARONE (BELLUNO) - Doppia trattativa per salvare i 458 posti di lavoro della Safilo di Longarone. Dopo l’ipotesi di acquisto da parte di Thélios, del gruppo Lvmh, si sta facendo avanti Carlo Fulchir, parte della famiglia che nel 2020, con I-Vision, ha acquisito il sito di Martignacco, sempre ex Safilo, concentrandovi la produzione di occhiali in acetato di alta qualità. La trattativa parallela, annunciata ieri dall’azienda, consentirebbe la conservazione del know how del sito e la totale ricollocazione degli attuali 458 lavoratori. 

LA QUOTA
L’interessamento di Thélios a livello di risorse umane sarebbe inquadrato su 250 dipendenti, in particolare del settore della galvanica, mentre Fulchir sarebbe interessato alla forza lavoro specializzata nei processi di finissaggio. Safilo vuole cedere lo stabilimento longaronese ed informa che “sono in fase avanzata le trattative con l’imprenditore Carlo Fulchir”. L’azienda, che deve il nome all’acronimo Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali, infine, “auspica che, grazie al consueto pieno coinvolgimento delle parti sociali e delle istituzioni, l’intero processo possa arrivare a una rapida definizione”. Gli stabilimenti Safilo a Longarone sono due. Uno in funzione, ospitante la prima fase della lavorazione dell’occhiale (galvanica, pregalvanica e verniciatura), quello su cui Thélios ha puntato gli occhi, evidentemente per l’interesse a internalizzare la prima fase della lavorazione; un secondo, fisicamente separato dal primo, con macchinari dismessi, oggi usato come magazzino. Mentre sul primo si è concentrato l’interesse di Thélios, il secondo può rappresentare una buona opportunità di investimento per Carlo Fulchir, che vi potrebbe sviluppare l’attività di finissaggio con le rimanenti maestranze specializzate. 

IL PRECEDENTE
Il provvedimento di chiusura dello stabilimento di Longarone, lasciando a casa oltre 450 dipendenti, piomba, come un fulmine a ciel sereno, sul Bellunese alla fine dello scorso gennaio. In questi mesi l’apprensione dei lavoratori, delle famiglie, del territorio, già alle prese con le sue difficoltà, è stata alle stelle. Con l’assessora al lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan, che sta seguendo, passo dopo passo, la situazione con l’Unità di crisi aziendali, pronta a sostenere una soluzione industriale a garanzia dei posti di lavoro, autentica priorità dell’intera complicata vertenza che non può che partire dalla salvaguardia delle competenze e delle professionalità dei 458 lavoratori, simultaneamente, senza creare doppie fasi, in cui qualcuno trova subito una sistemazione ed altri vengono lasciati in balia di un futuro incerto e in una situazione frustrante. In questi lunghi mesi non sono mancate le dure prese di posizione nei confronti dell’azienda che, come altre, ha potuto beneficiare dei finanziamenti per la ricostruzione post Vajont, decidendo poi di salutare ed andarsene. 

LA SOLIDARIETÀ


Significativa solidarietà è arrivata dai colleghi degli stabilimenti Safilo di Padova e Santa Maria di Sala, dove si sono svolte assemblee sindacali per discutere la comunicazione dell’azienda che definisce non più strategico lo stabilimento di Longarone. La vicenda è arrivata anche in Senato, con un interrogazione presentata dal senatore Andrea Martella ai ministri delle imprese e del made in Italy e del lavoro e delle politiche sociali, cui ha risposto, nella nona commissione il sottosegretario Fausta Bergamotto, che ha assicurato il costante monitoraggio e coordinamento con la Regione e che, qualora la società intendesse aprire una procedura per la chiusura della sede, come previsto dalla legge 234 del 2021, il dicastero interverrà direttamente anche per la verifica formale del piano, per giungere ad una soluzione della crisi a salvaguardia della produttività del sito e dei livelli occupazionali.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino