​Lvmh stringe su Safilo: l'impianto di Longarone verso il colosso del lusso

L'8 giugno c'è uno spiraglio Spartizione tra Lvmh e Marcolin. Proseguono nell'assoluto riserbo le trattative per il salvataggio dei 460 posti di lavoro a Longarone

Lvmh stringe su Safilo: l'impianto di Longarone verso il colosso del lusso
BELLUNO - Nemmeno la presenza-protesta al Giro d'Italia, nella tappa del 26 maggio a Longarone-Tre Cime di Lavaredo, è riuscita a rompere il muro del silenzio che ruota...

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BELLUNO - Nemmeno la presenza-protesta al Giro d'Italia, nella tappa del 26 maggio a Longarone-Tre Cime di Lavaredo, è riuscita a rompere il muro del silenzio che ruota attorno alle trattativa per cedere lo stabilimento Safilo di Longarone con i suoi 460 lavoratori, ovvero quelli rimasti dopo il taglio di 500 scattato a fine 2019 e legati alla perdita di marchi strategici quali Dior e Fendi. Possibili aperture informative su come si sta muovendo l'advisor Bdo, incaricato da Safilo di trovare alternative di continuità, sono attese nell'incontro tra sindacati e azienda in calendario per l'8 giugno.


Un silenzio che dura da mesi, seguito alla dichiarazioni dell'amministratore delegato Angelo Trocchia che ha definito Longarone «non più strategico per il gruppo», senza possibilità di ripensamenti. Una dismissione che stride con la solidità dei numeri: il fatturato 2022 ha toccato il miliardo di euro e si prevede, per il 2027, di arrivare ad 1,3 miliardi di euro di vendite nette.Le possibili soluzioni per evitare il tracollo di un sito che, sotto la guida della famiglia Tabacchi ha fatto la storia dell'occhiale, primeggiando con Luxottica, si possono però apprendere in «tutte le osterie di Longarone e dintorni» come ha ironicamente affermato Gianni Boato della Femca-Cisl.


Sul tavolo ci sono i due principali player del settore, entrambi con sede a Longarone: Thélios, nata da una joint venture tra Lvmh e Marcolin, e la stessa Marcolin. La prima pare intenzionata ad assorbire 250 dei 460 lavoratori, la seconda dovrebbe prendersi una non meglio precisata quota dei restanti 210. Un travaso dovuto anche al fatto che le licenze Dior e Fendi perse da Safilo sono finite nelle mani di Thélios. Contattate sia Thélios che Marcolin non hanno rilasciato dichiarazioni, ma non hanno mai nemmeno smentito le voci di interesse su Safilo. Il riserbo sarebbe legato alla necessità di non turbare i mercati finanziari, essendo i gruppi quotati in Borsa.
Si profila insomma una soluzione spezzatino che però non piace ai sindacati da sempre fermi sulla linea del Piave di una soluzione in blocco.


«Di certo - afferma il segretario Filctem-Cgil, Giampietro Marra - non accetteremo di fare solo la parte del notaio, sottoscrivendo quello che ci sottoporranno». Il timore è infatti che la proprietà voglia calare un pacchetto già pronto, privo di margine di trattativa, ovvero prendere o lasciare. «Non accetteremo alcuna proposta che vada nella direzione di "togliere" - conclude Marra. Lo abbiamo detto fin dall'inizio e su questa posizione restiamo. Vogliamo continuità aziendale».


Il cambio di marcia di Safilo era iniziato a fine 2019 con la prima sforbiciata da oltre 500 unità accompagnata dalla chiusura dello stabilimento di Martignacco (Udine). La perdita delle due grandi griffe del lusso aveva portato l'azienda ad un cambio di passo. Subentrò poi un accordo importante con Kering, altro gruppo del lusso d'Oltralpe, ma nonostante l'importanza delle commesse e le promesse della dirigenza Safilo di fare di Longarone il polo del metallo e della galvanica, tutto è finito nel vicolo cieco delle dichiarazioni dell'ad Trocchia: «Longarone non è più strategico». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino