Rovigo. Fa sedere una ragazza su di sé, poi la tocca fra le gambe e sul seno: sacerdote condannato. Chi è don Peter Onyenso

La Diocesi: "Il sacerdote ha contestato l’accusa proclamandosi sempre innocente"

Fa sedere una ragazza su di sé, poi la tocca fra le gambe e sul seno: sacerdote condannato
ROVIGO - Un sacerdote e una ragazza, poco più che maggiorenne. E degli atti di natura sessuale che hanno visto il prete, condannato ieri a una pena di 3 anni di...

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ROVIGOUn sacerdote e una ragazza, poco più che maggiorenne. E degli atti di natura sessuale che hanno visto il prete, condannato ieri a una pena di 3 anni di reclusione, oltre all'interdizione in perpetuo da tutela e curatela e per cinque anni dai pubblici uffici. Secondo quanto accertato dal tribunale di Rovigo, il prete, dopo aver fatto sedere sulle proprie gambe la giovane, le avrebbe infilato le mani dentro i pantaloncini, toccandola nelle parti intime, poi le avrebbe baciato il collo e, dopo averle slacciato il reggiseno, l'avrebbe palpeggiata. Un atto sessuale inaspettato per la ragazza, affetta da una fragilità psicologica, che ha configurato il reato di violenza sessuale, pur nella sua ipotesi lieve e senza il riconoscimento dell'aggravante, che invece l'accusa aveva contestato, ovvero di abuso dei poteri inerenti alla qualità di ministro di un culto.


Un episodio che risale al 3 luglio del 2022. E che, un mese dopo, la giovane ha denunciato ai carabinieri. I fatti si sono svolti a casa del sacerdote, a Lusia, paese polesano in riva all'Adige, dove ha ricoperto l'incarico di collaboratore pastorale. Ordinato nel 2011, don Peter Onyenso, originario della Nigeria è stato a lungo anche riferimento della Chiesa del Cristo a Rovigo, dove la domenica viene celebrata la messa in lingua inglese. Nel corso del processo è stata ascoltato il racconto della vittima, che, secondo la difesa, affidata all'avvocato Cecilia Tessarin, sarebbe caduta in alcune contraddizioni tali da minare la piena validità delle sue parole. La difesa ha poi chiamato a testimoniare alcuni sacerdoti, compresi i parroci dei quali don Peter è stato collaboratore pastorale. Da parte sua, il religioso africano ha spiegato di aver ingenuamente toccato la pancia della ragazza, ma di non aver compiuto atti di natura sessuale come quelli descritti dalla giovane.


L'ACCUSA
L'accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Sabrina Duò ha rimarcato la presenza di una foto, che sarebbe stata scattata dalla ragazza, nella quale si vedono delle mani sul corpo, ma non i volti. Per questo aveva chiesto una condanna ad una pena di 2 anni e 6 mesi. Il collegio giudicante ha poi stabilito una pena più severa, con l'ulteriore condanna al pagamento di una provvisionale di 10mila euro a titolo di immediato indennizzo del risarcimento, il cui ammontare sarà da determinarsi in sede civile, per il danno morale subito dalla ragazza, costituita in giudizio con l'avvocato Sandra Passadore.
Proprio l'avvocato Passadore spiega come la sua assistita, «che ha delle fragilità e non è stata presente in aula perché per lei era una situazione troppo pesante, ha accolto con una sensazione di sollievo la sentenza, perché temeva di poter essere vittima due volte e che le sue parole non fossero credute: quando è stata sentita, infatti, è stata sottoposta a una forte pressione per aggredire la sua credibilità, ma è chiaro che le eventuali imprecisioni sono dovute al ricordo di un fatto traumatico, all'ansia di rivivere ciò che ha passato con un uomo nel quale riversava massima fiducia».


LA DIOCESI


Dalla Diocesi si sottolinea come, già dopo il rinvio a giudizio il vescovo di Adria e Rovigo, Pierantonio Pavanello, ha provveduto, in via cautelare, a proibire al sacerdote l'esercizio del ministero pubblico e ha aperto una procedura penale canonica tuttora in corso. Poi, si aggiunge, «il sacerdote ha contestato l'accusa proclamandosi sempre innocente nel corso del processo ed è intenzionato a ricorrere in appello». Infine, si precisa, che «i fatti addebitati al sacerdote hanno avuto luogo in un contesto estraneo all'esercizio di compiti affidati dall'autorità ecclesiastica, come riconosciuto dallo stesso Tribunale, che ha escluso l'aggravante dell'abuso della qualità di ministro di culto».

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Il Gazzettino