Il presunto killer insospettabile: «Ha avuto il coraggio di portare la bara sulle spalle»

Ruotolo e le due vittime, Teresa e Trifone
PORDENONE - (c.a.) Continuano a guardare le fotografie del funerale del figlio sul computer. Quel giorno, ad Adelfia, dove Trifone è nato e vissuto, c’era anche il picchetto...

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PORDENONE - (c.a.) Continuano a guardare le fotografie del funerale del figlio sul computer. Quel giorno, ad Adelfia, dove Trifone è nato e vissuto, c’era anche il picchetto d’onore del 132° Reggimento carri. Francesco Ragone ed Eleonora Ferrante sono convinti di aver riconosciuto anche il commilitone che ha ricevuto l’avviso di garanzia per il duplice delitto. «Era nel picchetto d’onore - continua a ripetere Francesco Ragone - Ha avuto pure il coraggio di portare la bara sulle spalle, davanti a lui c’era il capitano...».




Ruotolo, martedì tranquillo e sorridente in pizzeria







È stata una mazzata sapere che il sospettato era il coinquilino di Trifone. «Non lo conosciamo, siamo scombussolati - spiega il padre - Trifone ci diceva che stava con tre commilitoni, hanno condiviso l’appartamento per un anno, poi mio figlio è andato a vivere con Teresa». Che cosa possa essere successo tra Trifone e Giosuè Ruotolo la famiglia Ragone non riesce a spiegarselo. Eleonora Ferrante è convinta che il figlio sia stato ucciso per una banalità. Da mesi continua a ripetere è che stata una stupidaggine ad armare l’assassino. «Trifone - dice - era un giocherellone, non era un baruffante, al massimo ti mandava a quel paese».



Una discussione? «Per cosa? Che cosa ci può esserci di tanto grave dietro un alterco? - osserva il padre - Quel giorno ho sentito Trifone, era tranquillo, anzi volevo parlargli dell’auto nuova che volevamo comprargli e lui mi disse di non rompere, che aveva cose più importanti da fare. Non era preoccupato».















Per la famiglia Ragone l’avviso di garanzia è un passo avanti. Hanno partecipato personalmente alle indagini affiancando il consulente Simone Bonifazi. Ma quel nome per loro è una sorpresa. Turbata anche la famiglia di Teresa Costanza. «Non avremmo mai immaginato - afferma il padre della vittima, Rosario - che l’indagato lavorasse con Trifone e che avessero abitato assime». Anche lui ricorda il giovane sospettato nei giorni successivi al delitto. «Venne in albergo - afferma - a farci le condoglianze... ad abbracciarci». La famiglia, che proprio nei giorni scorsi era venuta a Pordenone con il proprio legale, Giacomo Triolo, per incontrare gli inquirenti, ha sempre avuto fiducia nel lavoro dei Carabinieri. La loro convinzione era che a uccidere fosse stata una persona molto vicina a Trifone, ma non un commilitone. «Se è andata così, è un mostro». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino