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FIESSO D'ARTICO - É finita sul banco degli imputati con l'accusa di falso: non avrebbe somministrato i farmaci agli ospiti della casa di riposo dove lavorava come infermiera. A denunciarla, tre anni fa, la stessa struttura sanitaria, dopo una segnalazioni partita da alcuni colleghi sulla velocità sospetta con cui la donna somministrava le terapie. Ieri l'infermiera, una 33enne che risiede del veneziano, si è difesa davanti al giudice raccontando di ritmi di lavoro ritenuti impossibili: «Avevo 60 pazienti per turno, a cui somministrare tanti farmaci. 14 a testa, anche più. Se capitava un'emergenza, non c'era il tempo materiale».
LA VICENDA
Un altro spaccato problematico sulla realtà delle strutture per anziani. Teatro di questa vicenda, che risale all'estate del 2019, la casa di riposo "Residenza la salute" di Fiesso d'Artico.
Il dibattimento, davanti al giudice monocratico di Venezia, Francesca Zancan, ieri è entrato nel clou, con l'esame dell'imputata. La donna, difesa dall'avvocato Stefano Marrone, ha raccontato dell'organizzazione del lavoro: un infermiere ogni 60 anziani di giorno, ogni 120 la notte. «La maggior parte non autosufficienti, con problemi di deglutizione e bisognosi di un monitoraggio costante - ha riferito - In teoria la scheda terapia doveva essere firmata dopo ogni somministrazione. Ma i farmaci da dare erano centinaia. Non c'era il tempo per firmare ogni volta. Le sigle si facevano alla fine e capitava che non si avesse il tempo e firmasse una collega». La donna ha anche aggiunto di non essere certa che le sigle sotto accusa siano le sue. Per la difesa erano difettosi pure gli erogatori. Tesi che si scontrano con quelle del pm Christian Del Turco, e della parte civile, rappresentata dall'avvocato Matteo Garbisi, costituitosi per la "Residenza la salute". L'udienza è stata aggiornata al 13 giugno per una discussione che si annuncia combattuta.
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Il Gazzettino