Si farà il processo a Rubens Pizzo per chiarire l’accusa di usura

Rubens Pizzo, gestore di locali e organizzatore di eventi mondani
ROVIGO - Sarà un processo a fare piena luce della vicenda del prestito di Rubens Pizzo nei confronti di un’imprenditrice di origini cinesi valso al 46enne,...

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ROVIGO - Sarà un processo a fare piena luce della vicenda del prestito di Rubens Pizzo nei confronti di un’imprenditrice di origini cinesi valso al 46enne, conosciutissimo in città per il suo ruolo di gestore di locali e di organizzatore di eventi mondani, l’accusa di usura, per la quale è stato ieri rinviato a giudizio dal giudice per le indagini preliminari Pietro Mondaini.


 

DIFESA CONTRARIATA
«Avevamo chiesto la possibilità di un rito abbreviato condizionato all’audizione di testimoni, che ci è stata respinta con motivazioni che non condividiamo, una richiesta che verrà comunque reiterata», sottolinea la difesa di Pizzo, affidata agli avvocati Michele Brusaferro e Dania Pellegrinelli.
 

IL SECONDO IMPUTATO
Nella stessa udienza è arrivato anche il patteggiamento dell’altro coimputato, Pietro Gianella, 54enne di Goro, imprenditore nel settore ittico, che rispondeva a sua volta dell’ipotesi di usura e per il quale la pena concordata fra le parti, e accolta dal giudice, è stata di due anni di reclusione.
 

LA VICENDA
L’indagine, molto articolata, ha preso le mosse nel giugno del 2018 e si è incentrata su una figura rimasta avvolta del mistero, quella del vero strozzino, Jin Changlou, mai rintracciato. Sarebbe stato lui a prestare denaro ai due commercianti di frutta e verdura, padre e figlio, che hanno poi rotto il velo di silenzio, denunciando di essere finiti in un giro di usura, ai carabinieri di Adria.
Gianella è poi risultato essere una sorta di intermediario fra il cinese e i due imprenditori. Dalle intercettazioni telefoniche è poi saltata fuori anche la vicenda che coinvolge Pizzo, pur separata. Il punto di contatto, infatti, sarebbe la vittima, detta “Sabrina”, C.Y., di origini cinesi, residente a Rovigo, ma con un’attività in provincia di Bologna, che avrebbe ricevuto soldi sia dal connazionale che appunto da Pizzo. E secondo l’accusa, Pizzo le avrebbe prestato 60mila euro, chiedendone indietro il doppio in 8 mesi. La ricostruzione difensiva è sempre stata, invece, di una sostanziale coincidenza della somma prestata, 120mila euro, con quella richiesta indietro.ù
 

L’ITER GIUDIZIARIO
Nell’ambito di questa indagine, chiamata “Costrictor”, il 16 marzo 2019 Pizzo e Gianella erano stati arrestati e messi ai domiciliari. Il 18 giugno dello stesso anno la Cassazione ha in parte accolto il ricorso presentato dai difensori di Pizzo, non valutando sussistente l’aggravante di aver commesso il fatto “in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale”.
 

ALTRE ACCUSE
A Pizzo vengono poi mosse altre due ulteriori accuse, quella di estorsione e quella di tentata estorsione, per delle “minacce indirette” rivolte alla vittima per indurla a pagare, seppur nella stessa sentenza della Cassazione si sottolinei come «appare evidente che la prospettazione delle minacce è risultata essere solo un escamotage adottato dall’indagato per indurre la persona offesa al pagare».


La prima udienza del processo a Pizzo è fissata per il 7 ottobre.
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Il Gazzettino