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ROVIGO - «Sarà un autunno “caldo” per le categorie fragili, soprattutto per gli anziani». A rilanciare l’allarme sugli effetti prodotti dai rincari generali è la Cia di Rovigo, dopo che già un mese fa a una sola voce i segretari di Cgil, Cisl e Uil Pieralberto Colombo, Samuel Scavazzin e Gino Gregnanin avevano parlato di «segnali preoccupanti per l’economia polesana». Anche le associazioni dei consumatori hanno manifestato a più riprese le proprie preoccupazioni per i prossimi mesi: l’Osservatorio nazionale Federconsumatori ha stimato una stangata autunnale di più 2.924,70 euro, prendendo in esame le spese per il caro scuola e libri, bollette, visite mediche, Tari e risaldamento. La stima dei rincari autunnali di Assoutenti è invece di 1.601 euro in media a famiglia, con la voce scuola che peserà in media 50 euro in più per gli articoli di cartoleria e 45 per i libri, con il costo della benzina in crescita che renderà più costosi tutti gli spostamenti, ma soprattutto, si sottolinea «i prodotti alimentari costano il 10,7% in più: questo nel periodo settembre-dicembre porterà la spesa per cibi e bevande di una famiglia tipo a salire di 205 euro rispetto allo stesso periodo del 2022».
CARO-VITA
La Cia di Rovigo, partendo proprio dalla lista della spesa, sottolinea come in Polesine l’inflazione si sia attestata mediamente al 5,5% fra agosto 2022 e agosto 2023, «mentre i prezzi dei prodotti alimentari essenziali, tra i quali la pasta, il latte, la frutta e la verdura, registrano addirittura un più 9,6%.
GUADAGNI IN CALO
Come nota il presidente Erri Faccini, «una cifra irrisoria, che se va bene, permette di andare in pari, il resto della quota parte si perde lungo la filiera. Alla lunga, questi numeri, uniti ai rincari dell’energia e delle materie prime agricole, non sono sostenibili».
Pane e pasta, evidenza la Cia, sono aumentati rispettivamente del 32% e del 39%, tuttavia nel 2022 il grano tenero veniva valutato, in media, fino a 42 euro al quintale, oggi appena 25, mentre il grano duro arrivava a 48 euro al quintale, ora a 35. L’anno scorso un litro di latte al consumo costava, in media, 1,42 euro, oggi 1,77 euro, il più 16,45%, però a luglio 2022 all’allevatore venivano riconosciuti 55 centesimi al litro, adesso 51,5 centesimi, quindi il meno 6,36%.
«Occorre sfatare un luogo comune nell’immaginario collettivo - aggiunge Faccini - prezzi finali più alti non significa, a cascata, guadagni maggiori per i produttori, anzi. È la legge del mercato al contrario: aumentano i prezzi finali dei generi alimentari, ma nel contempo scende il guadagno per gli agricoltori, sempre più in difficoltà. E come al solito, a rimetterci saranno le categorie più fragili».
Come i pensionati, nota Doriano Bertaggia, presidente di Anp Rovigo, l’Associazione nazionale pensionati della Cia. «Già ora tanti anziani non sono in grado di mettere insieme il pranzo con la cena e con l’arrivo della stagione invernale la situazione è destinata a peggiorare, dato che bisognerà mettere in conto pure le spese per il riscaldamento. Dopo una vita di lavoro e sacrifici, dovranno decidere cosa tagliare. Siamo chiamati a dar voce a chi non ne ha: alle istituzioni chiediamo un supporto concreto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino