Il boato e la morte: l’assalto al carcere di Rovigo quaranta anni fa

Il tragico assalto al carcere di Rovigo che costò la vita al pensionato Angelo Furlan
ROVIGO - Ora il racconto è affidato a libri e anche a un film “da cassetta”, con Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, ma il 3 gennaio 1982,...

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ROVIGO - Ora il racconto è affidato a libri e anche a un film “da cassetta”, con Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, ma il 3 gennaio 1982, quarant’anni fa esatti e chi c’era non lo dimentica, Rovigo ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza del terrorismo con il tragico assalto al carcere di via Verdi. Un’azione di tipo militare pianificata e condotta da un commando di otto persone, guidato dall’ex capo militare della formazione Prima linea, Sergio Segio, “il comandante Sirio”, e formato da Pasquale Avilio, Giulia Borelli, Gianluca Frassinelli, Lucio Di Giacomo, Massimo Carfora, Diego Forastieri e Rosario Schettini, che aprì una breccia nel muro del carcere piazzando un’autobomba su via Mazzini, un’Autobianchi A112 imbottita con trenta chili di tritolo da cava, per poi aprire il fuoco con fucili d’assalto, mitra e pistole contro gli agenti della polizia penitenziaria in modo da coprire la fuga di Susanna Ronconi, compagna di Segio, e altre tre terroriste di Prima linea, Marina Premoli, Loredana Biancamano e Federica Meroni.

LA VITTIMA
Pochi minuti, intrisi di violenza, che videro rimanere a terra senza vita Angelo Furlan, un pensionato rodigino di 64 anni, nato a Stanghella il 30 marzo 1917, che in quel momento stava passeggiando con il suo cane e sembra non capì l’invito che gli era stato rivolto ad allontanarsi, che fu mortalmente ferito dal cofano dell’auto schizzato via nell’esplosione. Ancora oggi la vittima innocente del blitz terroristico è ricordata da una targa posta dal Comune sul muro dell’ex casa circondariale, nel quale dallo scorso ottobre sono iniziati i lavori per realizzarvi sempre un carcere, l’Istituto di pena per minori del Triveneto, una decisione osteggiata dall’intera città, ancora una volta umiliata dalle decisioni romane.

Quel giorno la città e un intero Paese si trovarono violati, feriti e umiliati dai terroristi, in uno degli ultimi letali colpi di coda degli “anni di piombo”, la cui fine viene generalmente fatta coincidere con il 28 gennaio successivo, giorno in cui a Padova, con un’azione incruenta dei Nocs, fu liberato il generale statunitense James Lee Dozier, che era stato rapito dalle Br a Verona il 17 dicembre precedente, mentre era sottocapo di Stato maggiore addetto alla logistica del Comando delle Forze terrestri della Nato nell’Europa meridionale. Proprio il fatto che fosse in corso il sequestro Dozier e che in quei giorni anche il Polesine fosse battuto a tappeto dai reparti antiterrorismo, fece sì che l’assalto al carcere, in pieno giorno, con l’evasione di quattro detenute e con la fuga indisturbata, rappresentasse uno choc per l’opinione pubblica. Rovigo per giorni fu al centro dell’attenzione nazionale e internazionale, e i resoconti stenografici dei lavori di Camera e Senato di quel periodo vedono comparire più volte il nome del capoluogo polesano con la richiesta di chiarimenti al Governo, guidato da Giovanni Spadolini con Vittorio Rognoni ministro degli Interni.

LIBRI E FILM


La vicenda dell’assalto del 3 gennaio 1982 è stata raccontata dallo stesso Segio, che arrestato insieme agli altri militanti un anno dopo, il 15 gennaio 1983, nel 2004 ha finito di scontare le proprie condanne, nel libro “Miccia corta”, dal quale nel 2009 è stato tratto il film “La prima linea”, diretto da Renato De Maria con Scamarcio e Mezzogiorno. Un libro su questi fatti è stato realizzato anche dallo storico Leonardo Raito, sindaco di Polesella, con Caterina Zanirato, nonché dall’ex procuratore di Rovigo Dario Curtarello, che aveva diretto le indagini sull’attentato.

 

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Il Gazzettino