Fu scienziato e teologo, grande predicatore e autore di opere di grande valore nonché di una celebre autobiografia che evoca con grande vividezza la vita intellettuale del...
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D'altronde il Ghetto di Venezia – un secolo dopo la sua creazione, ovvero il periodo in cui vi visse Leon Modena – era già diventato un’importantissimo centro di studio e di irradiazione della cultura ebraica. Basti ricordare che un terzo dei libri ebraici pubblicati in Europa fino alla metà del Seicento, oltre milleduecento volumi, furono stampati a Venezia. Tra questi è d’obbligo ricordare il primo Talmud, la monumentale opera di commento la cui paginazione è ancora la stessa della prima edizione dello stampatore cristiano Daniel Bomberg. La cultura ebraica veneziana ebbe anche un’importante influenza sulla storia inglese perché fu qui che Re Enrico VIII fece cercare dotti pareri religiosi sul levirato riguardo la sua possibilità di divorziare da Caterina d’Aragona, mettendo in moto il processo che portò allo scisma da Roma.
Nato a Venezia il 23 aprile 1571 da Yiṣḥaq ben Mordekay da Modena e da Diana Raḥel, due ebrei ferraresi di origine francese che avevano lasciato la terra d'origine dopo il terremoto del 1570, Yehudah Aryeh mi-Modena fu un bambino precoce e diventò un rinomato rabbino, sebbene una cronica dipendenza dal gioco d'azzardo e una certa instabilità di carattere gli impedirono probabilmente di far maturare le sue doti teologiche fino in fondo. Per mantenersi fece di tutto: il predicatore, il pedagogo, l'insegnante a ebrei e cristiani, il lettore di preghiere, l'interprete, lo scrittore, il correttore di bozze; ma anche il traduttore, il libraio, il mediatore, il commerciante, il rabbino, il musicista, il sensale di matrimoni e perfino il produttore di amuleti".
Malgrado la discontinuità dei suoi comportamenti, Leon Modena rimane una delle personalità più importanti dell'ebraismo italiano: una delle sue opere più efficaci fu l'“Ari Nohem”, col quale tentò di dimostrare che lo “Zohar” (la “Bibbia dei Cabalisti”) era una composizione moderna e che la Cabala stessa era una disciplina filosofica e non teologica.
La capacità di Leon Modena di dialogare anche con cristiani (e un'indubbia dose di genio) gli permisero di scrivere poesie il cui testo suonava lo stesso e con significati approssimativamente simili in ebraico e italiano. Il Midrash Leon Modena, ovverosia l’aula in cui istruiva i suoi numerosi allievi, si può ancora ammirare in campo del Ghetto Vecchio, a poca distanza dalla Sinagoga Levantina. Tra i seguaci di Leon Modena vi fu anche la poetessa e conversatrice Sara Copio Sullam, che nella prima metà del Seicento animò in casa sua un salotto letterario assai frequentato, con largo seguito anche nell’ambiente non ebraico.
Leon Modena morì a Venezia il 21 marzo 1648, e la sua tomba si trova nel suggestivo vecchio cimitero ebraico al Lido. A fargli da lapide, visto che in vita sperperò ogni suo avere e morì in estrema povertà, una stele di marmo ricavata da un vecchio balcone, sulla quale è scolpito un epitaffio che la tradizione vuole composto da lui stesso: “Parole del morto / Quattro braccia di terra in questo recinto / A titolo di possesso per l’eternità / Furono acquistate dall’alto per Giuda Leone da Modena. / Sii benigno con lui (o Signore) e dagli pace / Morì di sabato 27 Adar 5408”.
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Il Gazzettino