Coronavirus. Pasqua e Pasquetta ristoranti chiusi: il pranzo arriva a casa

Coronavirus. Pasqua e Pasquetta ristoranti chiusi: il pranzo arriva a casa
PADOVA - Due settimane esatte al giorno di Pasqua, e tra i ristoratori padovani non ne troviamo nemmeno uno che si faccia illusioni. «Rimarremo chiusi ancora a lungo»...

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PADOVA - Due settimane esatte al giorno di Pasqua, e tra i ristoratori padovani non ne troviamo nemmeno uno che si faccia illusioni. «Rimarremo chiusi ancora a lungo» dicono in coro, facendo i conti delle perdite del mese di marzo e di quelle previste anche per aprile. Non tutti, però, nei prossimi giorni se ne staranno con le mani in mano. Secondo l’Appe, l’associazione di categoria che raggruppa i titolari dei pubblici esercizi di Padova e provincia, sono almeno 300 quelli pronti a portare direttamente pasti e cene a domicilio a chi deciderà comunque di regalarsi un momento diverso dal solito per Pasqua e Pasquetta. «In provincia ci sono tremila pubblici esercizi, dai bar alle pizzerie passando per ristoranti e pasticcerie - spiega il segretario Filippo Segato - e il 10% di questi si occupa già di consegne a domicilio. Da due giorni abbiamo lanciato l’iniziativa “gustareacasa.it” e hanno aderito già una settantina di locali. Sì, per Pasqua questo può davvero essere l’unica occasione per lavorare, l’ultimo baluardo». 


Gli agriturismi potranno "riaprire" per consegnare a casa pasti e prodotti

LA SITUAZIONE
I locali sono chiusi dall’11 marzo, ma Segato continua a ricevere una chiamata dietro l’altra. Il suo cellulare suona continuamente e dall’altro capo del telefono ci sono quasi sempre esercenti preoccupati: «Come potremo andare avanti»?. Fine mese è il momento giusto per fare un bilancio. «La situazione è davvero complicato - osserva il segretario Appe -. Prima la lunga e complessa trattativa con Comune e Soprintendenza sui Plateatici, poi questa emergenza sanitaria gravissima. La prima settimana i gestori quasi non se ne rendevano conto, la seconda hanno cercato di tenere botta. Ora, alla terza settimana di chiusura, tutti i nodi vengono al pettine. Le problematiche iniziano a materializzarsi: ci sono i fornitori da pagare, gli stipendi dei dipendenti che hanno lavorato 10 giorni, e poi ad aprile ci sarà il nuovo affitto mensile. È per questo motivo che sempre più titolari si muovono in vista di Pasqua programmando la consegna dei pasti a domicilio, ormai l’ultima attività consentita. Già molte pizzerie si sono riconvertite in questo modo, tra due settimane le attività coinvolte potrebbero essere trecento. Dalla città ai colli euganei». 

LE CIFRE
Un bar incassa mediamente 20 mila euro al mese, un ristorante sale mediamente a 60 mila. Cifre importanti che rendono l’idea di un settore completamente in ginocchio perché quasi senza alcuna possibilità di lavorare. Tutti ribadiscono che «la chiusura è giusta perché la priorità è la salute delle persone e i nostri sono senza dubbio luoghi di assembramento», ma al tempo stesso per chi vive di questo fare i conti di spese ed ammanchi è inevitabile. 


Era stata proprio l’Appe, l’11 marzo scorso, a fare i primi calcoli. «Un milione e mezzo di euro persi ogni giorno fanno dei pubblici esercizi il comparto più colpito dagli effetti del Coronavirus in provincia di Padova. Il 70% dei nostri associati – erano state le parole del presidente Erminio Alajmo – ritiene che la crisi durerà ancora a lungo, con un peggioramento nei prossimi due mesi con forti diminuzioni del fatturato, con punte fino all’80-90%. Sono almeno quattordicimila i dipendenti da pubblici esercizi che lavorano in bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie nella provincia di Padova: non vogliamo nemmeno pensare alle conseguenze che potrebbe avere, sui livelli occupazionali, un perdurante recesso economico».Una prima stima dell’Appe calcolava in 120 milioni di euro le perdite di fatturato del settore nei prossimi tre mesi. «Ma purtroppo - sospira Segato - quel calcolo probabilmente andrà rivisto negativamente». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino