I rifiuti della Terra dei fuochi usati per fare la plastica: sotto sequestro la Resines

I sigilli posti alla Resines
CAVASO DEL TOMBA - In via dell’Artigianato, strada -come dice il nome- vocata alle imprese di settore, nessuno si era accorto di niente. Le aziende vicine alla Resines srl...

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CAVASO DEL TOMBA - In via dell’Artigianato, strada -come dice il nome- vocata alle imprese di settore, nessuno si era accorto di niente. Le aziende vicine alla Resines srl hanno solo notato all’improvviso i sigilli posti fuori dai cancelli dell’azienda, ma mai avrebbero immaginato che la loro “vicina” fosse coinvolta in un traffico illecito di smaltimento di rifiuti provenienti dal sud Italia.

L’INCHIESTA
Eppure le carte dell’inchiesta parlano chiaro: la ditta dell’amministratore di fatto Michele Burli, 51 anni, origini trentine ma domicilio a Possagno, non si limitava a smaltire illecitamente i rifiuti, perfino speciali, in arrivo dalla terra dei fuochi, ovvero dalla Campania. Il dispositivo che ha portato l’imprenditore dietro le sbarre aggiunge anche dell’altro: la Resines inseriva questi rifiuti nel ciclo produttivo destinato alla lavorazione delle materie plastiche con l’intento -continua l’ordinanza- di rendere irrintracciabile il rifiuto stesso e avere una duplice fonte di guadagno. Da una parte quello derivante dall’incamerare la somma pattuita per lo smaltimento illecito, dall’altra l’ulteriore guadagno che derivava dalla plastica prodotta con quegli scarti che solo in parte venivano stoccati nelle immediate adiacenze dell’impianto. Dettagli investigativi che complicano non poco la posizione di Burli, al quale vengono imputate parecchie operazioni attraverso attività che gli investigatori non esitano a ritenere continuative e organizzate e che proseguivano incessanti ormai dal 2018.

PRIMO CONTATTO
Ieri, 21 settembre, il titolare della Resines è entrato per la prima volta in contatto con il suo legale, l’avvocato Francesco Biadene: «È stata una visita molto veloce, non abbiamo ancora analizzato bene le carte -dice Biadene- Solo in quel momento sarà possibile avere un quadro più preciso delle contestazioni». Resta il fatto che la maxi operazione nata dagli accertamenti della Direzione distrettuale antimafia di Milano e perfezionata dai Carabinieri del nucleo investigativo di Belluno, ha portato alla luce un articolato sistema di smaltimento illecito di rifiuti che ha fatto finire in carcere, al momento, 14 persone.


L’azienda di Cavaso era una delle pedine mosse sulla scacchiera del traffico illecito e traeva grazie al suo coinvolgimento ingenti profitti. In paese il sequestro del sito e l’arresto di Burli hanno fatto parecchio rumore. «È stata una notizia che ha avuto parecchio impatto sulla gente -conferma il sindaco Gino Rugolo- Nessuno si sarebbe mai immaginato risvolti di questo genere, ma attendiamo che la magistratura faccia piena luce su tutta la vicenda. Certo -rimarca- quello che è emerso ha ribadito che il sito non era decisamente adatto alla costruzione di un asilo, progetto che la precedente amministrazione aveva proposto di realizzare».
 

 

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Il Gazzettino