«Ma ve li immaginate i calabresi, i campani, i pugliesi che dicono: ma sì, dai, diamo un po' di autonomia ai veneti? Non succederà mai. Roma non...
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Alessio Morosin, avvocato, fondatore e leader del movimento Indipendenza Veneta, è convinto che il referendum sull'autonomia che il governatore è deciso a indire «entro l'anno» non porterà a nulla. «Esattamente come ha detto il ministro agli Affari regionali, Enrico Costa: scalda i cuori ma non dà risultati». Per Morosin, infatti, l'unica soluzione è l'indipendenza: «Mentre il referendum sull'autonomia mira a sostenere la richiesta regionale di avere competenza diretta su materie attualmente di competenza statale, il referendum sull'indipendenza mira a far decidere il Popolo Veneto sulla scelta di riacquistare la sua piena titolarità sovrana del nostro territorio come storicamente già esercitata per ben 1100 anni». E poco importa se la legge regionale che prevedeva il referendum sull'indipendenza, di cui Morosin si vanta di essere stato uno dei padri e promotori, è stata bocciata dalla Corte costituzionale: «Va fatta un'altra legge che, volente o nolente lo Stato italiano, faccia votare il popolo veneto sulla scelta di indipendenza seguendo il percorso delineato dalla Catalogna». E il referendum sull'autonomia? Morosin dice che il governatore deve farlo subito: «Zaia acceleri questo passaggio pseudoautonomista così scopriamo il prima possibile il furbesco gioco italiano delle tre carte. Noi lo appoggiamo con tutte le nostre energie per rompere il gioco delle parti così da far capire ai veneti che con lo Stato italiano non c'è più nulla da trattare».
E intanto tiene banco lo scontro tra Zaia e il ministro Costa sul negoziato. «Ha ragione Costa - dice Morosin - non è vero che se si inizia la trattativa poi non si può più fare il referendum: la sentenza della Corte dice che il referendum consultivo previsto dalla disposizione regionale impugnata si colloca in una fase anteriore ed esterna rispetto al procedimento prestabilito all'articolo 116 Costituzione non anteriore ed esterna rispetto al negoziato come affermato da Zaia».
Di tutt'altro parere il costituzionalista Luca Antonini: «La legge regionale 15/2014 dice chiaramente che il negoziato deve essere sul quesito del referendum, non sulle materie da delegare alla regione. E la stessa legge dice che se il negoziato fallisce, si va al referendum. Il negoziato è fallito perché il Governo ci ha scritto dicendo che il quesito è quello della legge 15/2014 e che non intendeva, come aveva chiesto la regione, farlo più articolato. A questo punto, fallito il negoziato, si va al voto. Se Zaia invece si sedesse al tavolo con il ministro Costa significherebbe che si è iniziato il percorso dell'articolo 116 della Costituzione e questo impedirebbe il referendum perché la Consulta ha detto che il referendum si colloca in una fase anteriore ed esterna rispetto al procedimento del 116». Obiezione: si potrebbe lasciar perdere il referendum e avviare il negoziato, il ministro si è detto disponibile. «Ma lo sapete che fine hanno fatto finora le proposte di applicazione del 116? Tutte finite in un cassetto - dice il professor Antonini - Se c'è un voto popolare, invece, Governo prima e Parlamento poi non possono far finta di niente». Della serie: con l'arma politica del referendum si può aprire la questione veneta. Ed è quello che vogliono fare a Palazzo Balbi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino