Reddito di cittadinanza in Friuli, 8.000 famiglie prendono l'assegno: quelle che lavorano però sono molte meno

Persone in coda per il Reddito di cittadinanza
Quaranta milioni di euro. È la cifra che in Friuli Venezia Giulia copre il reddito di cittadinanza. Pochi? Tanti? Difficile dirlo, c’è però un fatto...

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Quaranta milioni di euro. È la cifra che in Friuli Venezia Giulia copre il reddito di cittadinanza. Pochi? Tanti? Difficile dirlo, c’è però un fatto molto importante che caratterizza il territorio regionale, ossia il fatto che è quello che percentualmente ha la richiesta più bassa. L’orgoglio friulano? La voglia di lavorare che scorre con il sangue nelle vene di chi rappresenta questa regione? La poca propensione a lamentarsi? La capacità di adattarsi alla fatica di tutti i lavori, anche quelli più umili? Forse un pò tutto questo anche se c’è da aggiungere che oggi la situazione è dura anche in Fvg: manca il lavoro, ci sono fasce di disoccupazione anche tra i più volenterosi e le aziende, pure quelle storiche, chiudono.


I NUMERI


In ogni caso i numeri del reddito di cittadinanza restano bassi anche se sono andati a coprire fasce di popolazione che senza quei soldi, pur pochi, sarebbero state in grossa difficoltà. Sul territorio regionale, tanto per avere una fotografia dell’esistente, ci sono poco più di 7mila 400 nuclei familiari che percepiscono l’assegno (anche se si tratta di una carta ricaricabile) che complessivamente (il numero è al giugno 2022) fanno 15 mila 843 persone singole. Come detto è una fetta molto esigua se paragonata ad altre regioni. E non solo del Sud. La cifra media che viene percepita si aggira intorno ai 480 euro, con un minimo appena superiore ai 180 e un massimo che non va oltre i 740 euro. Pochi, non c’è dubbio, ma capaci di cambiare la vita a chi non ha nulla. Ultimo dato sul fronte dei percettori: la provincia di Pordenone è quella in cui percentualmente il numero di chi incassa i soldi è il più basso rispetto agli altri territori regionali. Due mesi fa, infatti, a percepirlo sono stati 1.303 nuclei familiari per un totale complessivo di persone di poco superiore alle 2 mila 700.


COSA NON FUNZIONA


È la seconda parte del provvedimento che non va proprio. I navigator, ossia quelle figure oramai mitologiche che avrebbero dovuto far incrociare domanda e offerta, non sono riusciti a fare granché. Non certo per demerito loro, anzi, tutti hanno cercato di fare del loro meglio, ma i ricollocamenti al lavoro in questi anni non hanno funzionato. In pratica a trovare un lavoro e spesso non grazie all’intervento dei Centri per l’impiego, sono state 564 persone. Tra l’altro si è trattato, nella gran parte dei casi, di occupazione a tempo determinato legata a un corso di formazione. E qui casca l’asino. Già, perchè una persona che magari ha già superato i 50 anni e ha perso il lavoro, ha senza dubbio la necessità di iniziare una nuova strada con una formazione che apra scenari ben diversi rispetto a prima. Ed è proprio la formazione che è stata (e per certi versi lo è ancora) un tallone d’Achille. Non che manchino i corsi per trovare altre vie, ma nessuno segue i disoccupati, nessuno li indirizza, nessuno se ne prende carico in un percorso che invece dovrebbe essere a cerchio chiuso. Certificazione della disoccupazione, valutazione delle capacità, banca dati per capire le richieste che ci sono in giro, formazione e collocamento in azienda. Il tutto, ovviamente seguito da un tutor che si prende in carico l’intero percorso. Tanto per fare un esempio diverse banche dati non dialogano nemmeno tra loro.


CHI PUÓ LAVORARE


Secondo i dati raccolti in regione dal momento in cui il reddito di cittadinanza è entrato in vigore, circa il 19 per cento di chi percepisce l’assegno non può lavorare per svariati motivi tra cui forte disabilità, età avanzata, problemi di salute. Da aggiungere anche i minori. La stragrande maggioranza di chi resta ha un tasso di scolarità molto bassa, problemi di socialità, percorsi antecedenti legati a dipendenze. Come dire che non è poi così facile trovare un lavoro. Ovviamente questo è lo spaccato che registra il Friuli Venezia Giulia.


LE COLPE


Sicuramente il reddito di cittadinanza è una misura che permette, in un momento di difficoltà nella vita lavorativa, di trovare un sussidio che garantisca almeno la sopravvivenza. Il discorso in questo caso, invece, l’assegno è diventato “lo stipendio” delle persone che lo incassano. Ora tocca alla politica cercare soluzioni per risolvere il problema che non è certamente facile.

 

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Il Gazzettino