VICENZA - Non gli verrà restituita la medaglia olimpica di Pechino, e neanche saranno cancellati i duri verdetti della giustizia sportiva. Ma la decisione dei giudici di Padova...
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Doveva rispondere delle accuse di evasione fiscale, ovvero estero vestizione per non reale residenza all'estero, e per doping. Assoluzione in primo grado e ora potra' solo esserci impugnazione da parte del Pm.
In attesa delle motivazioni, l'avvocato Antonino De Silvestri spiega che l'assoluzione è stata su tutta la linea: "Ho dimostrato che la residenza reale di Rebellin è a Monaco, dove peraltro possiede numerosi immobili. L'accusa diceva che era residente a Galliera perché lì vive la moglie, ma abbiamo dimostrato che lui è all'estero per la metà dell'anno".
Poi il capitolo doping, sul quale c'è il particolare curioso che il Coni, che chiedeva la condanna e 500 mila euro di risarcimento, non ha prodotto il lodo del Tas. La difesa tecnica dell'imputato è stata principalmente contro l'automatica trasposizione del lodo nel diritto italiano: "Quella è una sentenza di un ente non governativo e di diritto svizzero - argomenta De Silvestri - e non si può far valere nel nostro diritto penale. Inoltre il principio della colpevolezza, per il giudice italiano, è da affermare 'al di là di ogni ragionevole dubbio', quando invece per un giudizio del Cio può bastare un 'confortante convincimento'. In più al processo il lodo del Tas nemmeno si è visto".
Nel merito del doping inoltre il legale ha sollevato molte obiezioni sulla catena di custodia dei campioni di sangue del ciclista, che hanno viaggiato da Pechino a Losanna a Parigi. Quindi altre obiezioni sulla mancanza di prove certe.
È stata assoluzione. Che farà risparmiare forti risarcimenti e accertamenti della Gdf all'atleta, oltre all'anno di pena previsto per ciascuno dei due reati e alle sanzioni pecuniarie.
Intanto Rebellin è leader di classifica al Giro di Turchia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino