Modella di colore discriminata, la Mom apre un'indagine interna: «Se colpevole quell'autista non guiderà più un bus»

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TREVISO - Rischia di non guidare più nessun autobus della Mom l'autista accusato di razzismo per aver discriminato una donna di colore salita a bordo. «Abbiamo avviato un'indagine interna - spiega il presidente Giacomo Colladon -. Quello che è successo è inaccettabile e, se confermato, ci farà prendere provvedimenti molto seri nei confronti dell'autista, dipendente di una ditta in subaffidamento. Se risulterà "colpevole" non guiderà più un nostro mezzo. Abbiamo un codice etico di comportamento che mette il cittadino al primo posto, a prescindere dal colore della sua pelle, dall'etnia e dalla religione». L'azienda, appena ricevuta la segnalazione di Merrebel Ackah, modella e stilista 46enne originaria del Ghana, ha preso subito le distanze dalla condotta incriminata e promesso giustizia. «Se i fatti sono come raccontato dalla nostra utente non esiterò un attimo a porgerle pubblicamente le mie scuse a nome di tutta l'azienda» conclude Colladon.

IL FATTO
La stilista aspetta da venerdì le scuse pubbliche del conducente che si è rifiutato di aprirle la porta anteriore del bus alla fermata di viale Cadorna. Erano le 5 del pomeriggio e lei aveva preso un mezzo della linea 4 per tornare a casa. Nemmeno quando lei gli ha mostrato il biglietto, il conducente ha cambiato idea: evidentemente secondo lui l'unico ingresso "adatto" a quell'utente era la porta posteriore. «Vai indietro!» le ha gridato. Peccato che alle fermate successive, ai passeggeri bianchi, abbia aperto anche la porta davanti. «Sto guidando, non ho tempo da perdere con gente come te» si era sentita rispondere Merrebel quando gli aveva chiesto con insistenza il motivo di quella differenza di trattamento. «Sono stata trattata male solo per il colore della mia pelle ma io sono orgogliosa di essere nera» afferma la donna, con la sua bellezza esotica e il fisico statuario.

LA BATTAGLIA


Era il 1955 quando Rosa Parks, attivista afroamericana, fu arrestata perché si rifiutò di cedere il suo posto a un bianco a bordo di un autobus a Montgomery, Stati Uniti. Il suo gesto sarebbe passato alla storia come una delle prime azioni di lotta non violenta contro la segregazione razziale. Sessantotto anni dopo, Merrebel, che ha dato a sua figlia lo stesso nome di quella paladina, si trova a fare i conti con una discriminazione strisciante. «È vergognoso. Nel 2023 cose del genere non dovrebbero più succedere. Sono finiti i tempi della schiavitù e dell'apartheid. Il colore della pelle non ha importanza. Siamo tutti uguali, siamo tutti umani». La stilista è arrivata in Italia nel 2000, nei primi anni di immigrazione massiccia dall'Africa. «Le persone dovevano ancora abituarsi al fenomeno. Ma oggi non ci sono più scuse. Non lo dico solo per me ma penso ai miei figli». La 46enne ne ha due, nati dalla relazione con un trevigiano. Anche a loro è capitato di essere trattati come persone di serie B solo perché hanno la pelle scura. Per strada, a scuola. «Ai miei figli ho sempre detto che bisogna battersi per far cambiare le cose. Stavolta è toccato a me e mi sono sentita in dovere di denunciare pubblicamente quello che è successo» spiega la donna, indignata ma al tempo stesso fiduciosa in un cambio di mentalità: «Mi ha dato speranza vedere che una signora bianca ha preso le mie difese rimproverando l'autista per il suo gesto gravissimo».
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Il Gazzettino