Da Treviso alla Colombia, Alvise minacciato con una pistola mentre era in bus: «Ho avuto paura ma dovevo reagire»

Alvise Salice con due cittadini della Colombia prima di essere rapinato
TREVISO - «Mi è stata puntata una pistola in faccia. Avevamo messo in preventivo che questo viaggio avrebbe comportato qualche rischio, ma non mi sarei mai aspettato...

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TREVISO - «Mi è stata puntata una pistola in faccia. Avevamo messo in preventivo che questo viaggio avrebbe comportato qualche rischio, ma non mi sarei mai aspettato di finire in una situazione del genere». Alvise Salice, trevigiano di 39 anni, giornalista di professione, con due amici aveva programmato da tempo un viaggio in Colombia. E nel trasferimento in pullman da Santa Marta a Cartagena è stato vittima di una rapina a mano armata (così come gran parte dei passeggeri, ndr) messa a segno da un ragazzo tra i 25 e i 30 anni che, approfittando di una sosta, è entrato nel mezzo sorprendendo anche il poliziotto che era a bordo. «Un’esperienza fuori dall’immaginario - racconta Salice - Ho avuto paura ma sapevo che se non avessi reagito tutto sarebbe finito in pochi minuti». 


IL RACCONTO
I tre amici, abituati a viaggiare in posti “poco turistici”, avevano pianificato il viaggio in Sudamerica da tempo. «Non abbiamo fatto tutto da soli - sottolinea il 39enne - Per gli spostamenti ci siamo appoggiati a un’agenzia». Arrivati a Bogotà il 26 agosto scorso, dopo aver visitato la città si sono spostati in aereo a Santa Marta, poco più di un’ora e mezza di volo. Altri tre giorni per visitare la zona, compresa Tayrona, la “ciudad perdida” (la città perduta). Poi il trasferimento a Cartagena. «Potevamo prendere un altro volo ma abbiamo preferito fare il tragitto in pullman - racconta Salice - per avere l’opportunità di vedere cosa c’è al di fuori delle città più conosciute». Quattro ore e mezza di viaggio per percorrere poco più di 170 chilometri. «Sulla carta doveva essere un normale trasferimento».


IL COLPO
I tre amici erano curiosi di percorrere la Rouda 90, la cosiddetta “troncal de Caribe”, una strada che attraversa le favelas tra Santa Marta e Baranquilla costeggiando il Mar dei Caraibi. «Un posto incantevole» rimarca Salice. Tutto è filato liscio fino a pochi chilometri da Baranquilla, quando la corriera si è fermata in un piazzale a bordo strada, dove i passeggeri diretti a Cartagena sono stati invitati a cambiare mezzo. «Era un veicolo analogo, tra l’altro più moderno e confortevole - continua Salice - Ci hanno anche aiutato a spostare i bagagli più ingombranti da una stiva all’altra. Erano entrambi mezzi di un’agenzia, non di linea». Una volta saliti sul nuovo pullman, però, è successo l’impensabile. «Quando l’altra corriera è partita e noi stavamo per proseguire il viaggio - ricorda il 39enne - all’improvviso è salito a bordo un ragazzo. Avrà avuto tra i 25 e i 30 anni, non molto robusto, ma con in mano una pistola. L’ha puntata subito contro la guardia presente nella corriera, facendosi consegnare la sua arma di ordinanza e tenendola sotto tiro. Poi ha iniziato a camminare nel corridoio puntando l’arma contro tutti e facendosi consegnare quello che avevano in tasca». 


LA PAURA
Il 39enne era seduto circa a metà del pullman. «Avevo il terrore che mi prendesse le carte di credito e soprattutto il passaporto. Così li ho presi dalle tasche e li ho infilati nelle mutande - afferma, ricostruendo quei terribili momenti - Nell’agitazione, però, mi sono fatto scoprire: quel giovane, vedendomi armeggiare, è venuto subito da me, mi ha puntato la pistola in faccia e mi ha detto qualcosa che non ho capito. D’istinto ho tirato fuori dalla tasca il cellulare, e l’equivalente di 5 euro in banconote e monete, ovvero tutto quello che avevo. Ha preso il telefono e mi ha lasciato i soldi. Aveva fatto così con tutti. Gli interessavano i telefoni, i tablet e i computer, tutta tecnologia da smerciare poi nel mercato nero». Poi il giovane è sceso dal pullman ed è scappato via. «Devo ancora realizzare appieno quello che è accaduto. Di certo il nostro viaggio, seppur dopo questa disavventura, non è terminato: dopo le denunce del caso, siamo arrivati a Cartagena e domani saremo a Medellin, da dove poi prenderemo l’aereo per tornare a casa».

 

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Il Gazzettino