Tredicenne pestato e derubato del cellulare: un tatuaggio tradisce l'aggressore

La zona dove è avvenuta la rapina
MESTRE - Tredicenne pestato e derubato del cellulare: individuato il responsabile. La sua “latitanza” è durata poco più di 5 ore. La polizia infatti lo...

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MESTRE - Tredicenne pestato e derubato del cellulare: individuato il responsabile. La sua “latitanza” è durata poco più di 5 ore. La polizia infatti lo ha intercettato e riconosciuto attorno alla mezzanotte della stessa giornata. Si tratta di G.R. mestrino di 27 anni, già noto alle forze dell’ordine. A tradirlo, in particolare, i tatuaggi che ha anche sul volto e che la sua giovane vittima aveva descritto in sede di denuncia. Il malvivente è incappato in un controllo di una pattuglia delle Volanti in via Ortigara a Mestre: era senza documenti e per essere identificato, come da prassi, è stato accompagnato in questura.

Fin da subito il 27enne si è dimostrato piuttosto insofferente e poco collaborativo, tra l’altro cercando - non riuscendoci - di liberarsi di uno spinotto in tubo di metallo lungo circa 20 centimetri, di quelli utilizzati anche per i raccordi delle impalcature. Inoltre in tasca, pare avesse una patente intestata a un’altra persona. Alla fine di tutti gli accertamenti L.R. è finito indagato a piede libero per rapina aggravata, porto abusivo di oggetti atti a offendere e ricettazione. La rapina che ha visto protagonista, tutto in negativo, G.R. lo scorso giovedì 6 aprile aveva destato parecchio scalpore almeno per quattro ragioni: l’età dell’aggredito, la modalità, l’ora e il luogo.


Sono appena le 19.30 quando un ragazzo di poco più di tredici anni stava rincasando per cena in centro a Mestre. Siamo tra via Pascoli e via Brenta Vecchia all’ingresso dell’M9 quando il minorenne, intento a fare una videochiamata con un coetaneo, incappa nel 27enne che gli grida di ridargli l’iPhone. Questione di pochi minuti e dal finto alterco si passa ai pugni, anche in faccia. L’adolescente tenta di resistere all’assalto ma alla fine molla il cellulare sopraffatto anche dalla forza fisica dello sconosciuto che si dilegua di corsa. Una volta a casa, sotto choc, racconta tutto ai genitori che danno l’allarme chiamando il 113. Il ragazzino descrive ai poliziotti quello che ricorda dell’energumeno: alto più o meno un metro e ottanta, parlata con inflessioni venete, alcuni tatuaggi sul viso La caccia all’uomo scatta subito. Come detto trascorrono cinque ore o giù di lì ed ecco che una Volante si imbatte in un soggetto che potrebbe corrispondere alla descrizione. È lui. Viene denunciato.

L’arresto non è possibile perché non è avvenuto in flagranza di reato. Tuttavia aver “risolto il caso” a tempo di record è la risposta migliore che si potesse dare in termini di sicurezza reale e percepita. Certo questo non risolve il degrado e il disagio vissuti in città, tuttavia è un risultato concreto. E soprattutto una lezione civica e di civiltà: ci sono i violenti sì ma c’è anche chi li ferma e li assicura alla giustizia nella piena legalità. Con l’augurio che mai più una madre possa farsi la domanda che si è fatta la mamma del tredicenne rapinato: «Come posso sentirmi sicura se mio figlio viene aggredito nel cuore della città, in quell’M9 che dovrebbe essere il salotto di Mestre, in pieno pomeriggio? È sicuramente un brutto clima».

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Il Gazzettino