ADRIA - Condannati a tre anni ciascuno per aver rapinato un ragazzo affetto da una particolare e grave sindrome con problemi cognitivi. Gli hanno sottratto il cellulare che teneva...
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Accerchiandolo e insultandolo gli hanno arraffato lo smartphone Samsung Galaxy umiliandolo poi con il gesto più vergognoso. A riprendere il tutto, anche se non in modo impeccabile, le telecamere di sicurezza della vicina banca.
DUE MINORI COINVOLTI
Del quartetto che ha preso parte all'episodio, due non avevano ancora compiuto 18 anni e la loro posizione è stata quindi stralciata e inviata al Tribunale per i Minori di Venezia. Il giovane rapinato, quel giorno era tornato a casa particolarmente scosso per l'accaduto ed aveva subito raccontato tutto alla madre, insieme alla quale aveva poi formalizzato la denuncia. La donna, la scorsa udienza, sentita come testimone ha spiegato di aver trovato riscontro in quanto raccontatole dal figlio, di fatto incapace di mentire, dalla puzza che proveniva dalla manica della maglia che indossava, bagnata, appunto, di urina. Due dei presunti autori erano stati subito riconosciuti, sugli altri due hanno fatto chiarezza proprio i filmati delle videocamere. Secondo l'avvocato Carlo Crepaldi, difensore di El Menkari, condannato a due ulteriori mesi per essere stato trovato con un motorino risultato rubato, senza che vi fosse però certezza: «Non ci sono prove che si trovasse lì, anzi ce ne sono che avvalorano il contrario», ha detto nella sua arringa.
L'avvocato Franco Portesan, difensore di Chipercean, ha parlato di «una vicenda brutta», ma ha poi spiegato come a suo avviso mancassero violenza e minacce, elementi necessari per configurare la fattispecie della rapina chiedendo quindi la derubricazione del reato: «È giusto che rispondano di quello che hanno commesso, ma non di quello che non hanno commesso: è più credibile parlare di un furto». Il suo assistito, ieri, prima della discussione finale, ha anche accettato di sedersi al banco degli imputati e rispondere alle domande di accusa, giudici e difese, spiegando come il fatto dell'urina, non addebitabile a lui ma ad un altro, fosse stato comunque accidentale.
Francesco Campi Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino