Il ranger bellunese: «Così do la caccia ai bracconieri: è una missione»

Daniele Montini
BELLUNO - Il terrorismo sfrutta la natura, danneggiandola. Ciò che succede in Africa non è poi così distante da noi. Ce lo dimostra l'esperienza di vita...

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BELLUNO - Il terrorismo sfrutta la natura, danneggiandola. Ciò che succede in Africa non è poi così distante da noi. Ce lo dimostra l'esperienza di vita di un ragazzo bellunese di 37 anni, Daniele Montini, che ha trovato la sua missione nell'Accademia italiana Poaching Prevention Academy, che si occupa di supportare svariate riserve africane a contrastare la piaga del bracconaggio, uno degli tre artigli del terrorismo. Daniele, in particolare, si occupa di tutelare i rinoceronti. E non lo fa da lontano, in un comodo ufficio. Li tutela in Africa, istruendo i rangers, dopo essere diventato uno di loro.


LA PREMESSA
Si è celebrato da poco, il 31 luglio, la Giornata mondiale dei ranger. Voluta nel 2007 dall'International Ranger Federation, che rappresenta la categoria in tutto il mondo, ricorda il lavoro di questi custodi della natura. Ma per raccontare bene questa vicenda, è opportuno ascoltare la premessa raccontata da Montini, che abita a Belluno, ha frequentato il liceo nel capoluogo e poi si è arruolato niente di meno che alla Brigata paracadutisti Folgore. «Ciò che la Poaching Prevention Academy mira a contrastare le parole di Daniele, che su Instagramm dan_monty-ppo racconta il suo mestiere - è il 4° business più lucrativo. Il primo è il traffico illegale di armi (quindi il mercato nero clandestino), il secondo quello della droga, poi ci sono le speculazioni finanziarie (truffe offshore) dopo di che c'è il bracconaggio, che è una patata bollente. Molte specie corriamo il rischio di non vederle fra 50 anni. Noi siamo 7 miliardi e mezzo di uomini, solo ad oggi ci sono 400mila elefanti, 80mila giraffe, 30mila leoni (predati da bracconieri per il turismo sportivo, per la pelliccia, il dente, l'unghia), 28mila rinoceronti di cui i pochi esemplari sono neri. L'ultimo è nato nella Repubblica centrafricana. Ci sono 3000 tigri, 1600 panda solamente 800 gorilla».


LA PRESERVAZIONE
Ciò di cui si parla in Africa è il binomio prevenzione e conservazione, «una delle chiavi che servono per lavorare in Africa è conoscere il concetto di preservazione. Lo scopo è bloccare l'atto criminale per arrivare ad una conservazione delle specie a rischio». Le stime più recenti parlano di un giro d'affari di 23 miliardi di dollari l'anno. Purtroppo, infatti, sempre più spesso avorio e Kakashnikov vengono abbinati. «Poiché il dramma dell'Africa è la povertà, ciò che cerchiamo di far capire alle popolazioni è che la preservazione delle specie e delle foreste creano più ricchezza rispetto all'uccisione di un rinoceronte. Infatti un chilo di corno (un corno pesa in media 13 chili, Ndr) frutta almeno 50, 60mila dollari una sola volta nella vita». «La gente sta cominciando a comprendere - spiega Daniele Montini che è importante conservare foreste, habitat che hanno 500 milioni di anni, il bracconaggio non fa parte degli usi e costumi dei nativi africani».


LA MISSIONE


Ma da dove arriva la passione per i rinoceronti? «Sono animali imponenti, sono amante di tutte le specie, se ci sarà un al di là e potessi crearmelo a piacimento, mi farei un giardino sconfinato con tutti gli animali di questo mondo, sarebbe il mio sogno di paradiso», spiega Montini. Ma nel concreto di cosa si occupa il 37enne bellunese? Di istruire i rangers locali, diventando uno di loro, vivendo con loro, appostandosi di notte cercando di sorprendere i bracconieri e dissuaderli. Un lavoro pericoloso, cosa ne pensano a casa? «Mia madre all'inizio ha manifestato le stesse considerazioni che può immaginare qualsiasi madre che vive a Belluno spiega -. Così come quando le avevo detto che ero intenzionato ad arruolarmi alla Folgore. È rimasta impressionata. Avrebbe preferito un lavoro diverso. Io ho scelto un lavoro, che è quello dell'avventura. La mia famiglia ora, (ma lo è sempre stata) è contenta e onorata per ciò che faccio. Quando parto mia madre mi chiede: ma cosa stai andando a fare? O le rispondo: Mamma, non mi sento realizzato, se non riesco a fare nel mio piccolo ciò che devo fare. E poi: se non lo faccio io, questo, chi lo fa? È la mia missione». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino