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Tre società (Banca Ifis, Carel e Geox) sono oltre il 50% di quote rosa, quindi sopra il limite obbligatorio. E oltre la metà delle società quotate in Borsa tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia si è già allineata all’obbligo del 40% di donne nei Consigli di amministrazione. Dunque il sistema delle quote funziona e le società non solo si adeguano, ma sembrano puntare più decisamente a una maggiore presenza femminile.
È proprio così? Lo stato delle quote rosa nei CDA è l’oggetto di un sondaggio svolto in questi giorni dall’Osservatorio Professionale Donna, che raggruppa un centinaio di professioniste, imprenditrici e dirigenti in posizioni apicali nel nordest.
Sulle quote obbligatorie, il 39% delle intervistate rileva delle resistenze da parte delle aziende, e raccomanda di insistere sulla norma.
Sugli effetti delle quote nell’organizzazione aziendale i giudizi sono contrastanti: per il 46% le quote impongono all’azienda una più coerente impostazione del lavoro rispetto alla società reale; ma per il 35% le quote rosa restano un limite perché superano le valutazioni professionali. Infine, per il 19% le quote vanno bene come strumento straordinario, ma solo per un tempo limitato.
Complessivamente positivo il giudizio dell’”effetto quote” nei CDA pubblici: anche se per il 42% delle intervistate il percorso politico prevale su quello professionale, il 32% ritiene che la norma abbia aperto la strada a professioniste di alto profilo, e per il 26% che abbia portato un innalzamento professionale complessivo dei CDA.
Meno favorevole il giudizio sulle aziende private: il 45% ritiene che le nomine femminili siano spesso pura formalità, ma per il 39% la norma ha finalmente dato più spazio a quelle figure femminili che, anche in ambito familiare, operano per tradizione nelle aziende del nostro territorio. Anche se, su questo punto, il 13% delle intervistate è più critico, perché la proprietà familiare si limita troppo spesso alle figure interne.
Per Lisa Zanardo, coordinatore Osservatorio Professionale Donna, “La norma nei CDA ha effettivamente affrontato la “questione femminile”: l'Italia resta ancora sotto quota, ma questi passi avanti sono importanti. Ora è il momento di puntare sulla componente femminile per accrescere le performance aziendali.” Conclude l’Ing. Zanardo: “Per questo è importante guardare meno a "mimose" e formalità, e concentrarsi sul grande valore aggiunto delle competenze. Adesso, la normativa potrebbe essere integrata con un richiamo alle qualifiche delle candidate: la trasparenza richiesta alle società quotate sarebbe così ulteriormente garantita”.
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Il Gazzettino