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CHIOGGIA - Bloccato il trasferimento a Palazzo Ducale del San Paolo di Vittore Carpaccio (1465 circa – 1525/26) custodito da secoli nel santuario di San Domenico. Ne sarebbe prevista l’esposizione nell’ambito di una mostra dedicata al celebre artista che, inaugurata il 18 marzo, si concluderà il 18 giugno. Poco dopo essere stata distaccata dal muro, previa la disattivazione del sofisticato dispositivo antifurto, l’opera era stata accuratamente inserita in un apposito contenitore di sicurezza. Le operazioni stavano per concludersi quando, fulmine a ciel sereno, i responsabili si sono accorti che l’operazione non disponeva ancora di tutti i nulla osta necessari. Il dipinto, troppo celebre per poter essere trasportato a cuor leggero, è stato pertanto riposto con la massima cura in un punto sicuro, nell’attesa delle autorizzazioni mancanti. Nel frattempo, è scattata la corsa contro il tempo affinché tutto possa concludersi nel migliore dei modi, prima dell’inaugurazione. Il dipinto è importante anche perché sarebbe il solo a fornire indicazioni chiare sul luogo di nascita del Carpaccio. Sul libro che il personaggio ritratto tiene aperto con la mano sinistra, si intuisce infatti una scritta in Latino recentemente tradotta dallo storico Luciano Bellemo, curatore della torre-museo di Sant’Andrea: «in verità, la mia casa indica il mio nome» (Carpatius cioè Kárpathos, in Greco).
LE IPOTESI
Nessuna tra le ipotesi precedentemente formulata s’era dimostrate totalmente attendibile. Lo studioso è certo trattarsi dell’isola di Scarpanto, già dominio della Serenissima, che si trova sulla rotta marittima fra Rodi e Creta. Non è stato invece ancora chiarito come possa essere arrivato a San Domenico. Probabilmente, fu oggetto di scambi o donazioni delle quali si è persa traccia. Bellemo esclude, ad ogni modo, sia stato ordinato da qualche ente religioso o laico di Chioggia ove, nei decenni successivi al 1500 segnati dalla più profonda miseria, nessuno si sarebbe potuto concedere il lusso di commissionare un lavoro al Carpaccio, pittore tra i meglio pagati dell’epoca. Il dipinto risulta catalogato per la prima volta nel 1783. Un’ulteriore citazione, risale al 1830. Lo storico tende comunque a credere che il quadro rettangolare, relativamente piccolo (188 cm×134 cm) non sia stato affatto commissionato per un edificio adibito al culto. L’inatteso alt alla partenza per Venezia ha immediatamente fatto circolare la curiosa diceria secondo la quale il quadro farebbe di tutto pur di non essere spedito altrove. Già nell’autunno scorso, quasi all’ultimo momento, a causa dell’eccessivo costo della polizza assicurativa (12 milioni), dovette essere bloccato il suo trasferimento a Washington. Ne era prevista l’esposizione alla National Gallery of Art, nel contesto di una mostra interamente dedicata al Carpaccio.
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Il Gazzettino