Bus ribaltato, il racconto dell'autista «Ho pensato solo a salvare i ragazzi»

Bus ribaltato, il racconto dell'autista «Ho pensato solo a salvare i ragazzi»
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«È stato un attimo. Quando il pedale del freno ha corso a vuoto e ho realizzato che stavo perdendo il controllo del pullman, mi si è raggelato il sangue. In quel momento mi sono visto passare davanti la mia vita e ho avvertito tutto il peso della responsabilità di quel gruppo di ragazzi che avevo a bordo. Non avevo tempo per pensare, ma dovevo agire prontamente e poi sapete com'è andata». A parlare, ancora con quella terribile scena negli occhi, è Lorenzo Marton, l'autista della corriera su cui domenica viaggiava una cinquantina di giovani (tra cui suo figlio) della parrocchia di Chirignago e che si è ribaltata in Friuli a causa di un guasto ai freni. Si deve alla sua prontezza di riflessi e all'abilità nel mantenere il mezzo in strada, se nessuno si è ferito gravemente e si può raccontare una storia a lieto fine.












L'arciprete di San Giorgio, don Roberto Trevisiol, l'ha definito «un santo» e ieri ha voluto esprimergli di persona la sua riconoscenza per aver evitato il peggio. Marton lavora da un paio d'anni all’Auriga, la ditta di Spinea alla quale la parrocchia si era rivolta per noleggiare due pullman da 54 posti e altri due piccoli da 9 per trasportare 125 ragazzi, il vicario don Andrea Longhini e alcuni adulti. Meta della gita di inizio anno pastorale della Comunità giovanile, le grotte di Villanova vicino a Tarcento.



Il pullman che si è capovolto, immatricolato nel 1999, aveva superato la revisione proprio il mese scorso e ora si trova a Gemona sotto sequestro cautelativo a disposizione delle autorità per gli accertamenti del caso. «È da capire la causa dell'anomalia, forse all'origine del sinistro c'è la rottura di una valvola dell'aria, ma è tutto da verificare», spiega il titolare della ditta Fabrizio Bordin che ieri, assieme al proprio dipendente, è stato sentito dai carabinieri.



Marton ricorda bene quei momenti: «Erano da poco passate le 18 e stavamo tornando. Viaggiavo in discesa sui 20 chilometri orari quando, nell'affrontare una leggera curva, abbiamo incrociato un furgoncino bianco. Ho provato a frenare ma il mezzo non ha risposto, tanto che l'ho urtato, ma quello neanche si è fermato e ha continuato dritto per la sua strada. Vi lascio immaginare quegli istanti mentre i ragazzi, che avevano capito benissimo cosa stava succedendo, si sono messi a gridare. Ho pensato che forse era arrivato il mio momento: ho deciso di buttarmi addosso alla parete della montagna per rallentare la corsa della corriera e impedire che prendesse velocità rischiando di finire nella scarpata».



La fiancata dell’autobus ha "grattato" sulla roccia per una ventina di metri: «Ho trovato un masso sporgente ed è stato lì, praticamente da fermi, che ci siamo ribaltati sul fianco dal lato delle porte. Tra le urla, un po’ alla volta siamo usciti dai vetri anteriori e posteriori che erano andati in frantumi. Ero terrorizzato al pensiero che fosse successo qualcosa di grave, mi tremavano le gambe. Quando ho visto che tutti i ragazzi stavano bene - solo qualche contusione e l'enorme spavento - allora ho tirato un sospiro di sollievo». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino