Il pugno di ferro dei giudici si abbatte sugli italiani complici del boss cinese

Il pugno di ferro dei giudici si abbatte sugli italiani complici del boss cinese
Quattro anni e nove mesi per aver predisposto le buste paga di cinesi assunti fittiziamente nelle società di Keke Pan, per anni il "re" di via Piave a Mestre. La Corte...

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Quattro anni e nove mesi per aver predisposto le buste paga di cinesi assunti fittiziamente nelle società di Keke Pan, per anni il "re" di via Piave a Mestre. La Corte d’assise (presidente Arturo Toppan) ha colpito duro su Barbara Ferro, consulente del lavoro sandonatese, titolare del noto studio Dell’Anese-Ferro. La decisione della Corte è andata oltre anche le richieste dei Pm Roberto Terzo e Walter Ignazitto, che per lei avevano chiesto tre anni e 9 mesi. Un anno e 8 mesi è il verdetto per Amino Ferrarese, di Cavarzere, accusato di aver dato fuoco all’auto di un carabiniere per impedire alcune indagini. Per lui la richiesta era stata inferiore: un anno e 4 mesi.




È questo uno dei processi residuali della famosa vicenda legata all’inchiesta sull’impero di Keke Luca Pan, ritenuto l’artefice di un giro che spaziava dallo sfruttamento della prostituzione al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel giro di pochi anni era riuscito a comprarsi immobili per 10 milioni di euro, trasformando la zona di via Piave nella sua personale "China Town". La guardia di finanza aveva infiltrato uno dei suoi e a dicembre 2013 erano scattate le manette e il sequestro dei beni.



Per la consulente del lavoro, l’avvocato Barbara Longato aveva chiesto l’assoluzione: «L’agente sotto copertura - ha detto - non ha mai accertato direttamente che le operazioni erano fittizie».

Completamente scagionata è invece la figura di Paola Garbin, addetta all’ufficio anagrafe di Cavarzere e indicata dalle indagini con elemento d’appoggio del giro di Pan per aver collaborato con le pratiche relative alla residenza. Durante il processo sono emerse le prove a suo favore, tanto che i Pm ne hanno chiesto l’assoluzione.



«È la fine di un incubo - commentano gli avvocati Ermes Mozzato e Fabio Schiavariello - perché la Garbin era finita sotto inchiesta per le deduzioni che aveva fatto l’agente sotto copertura. Garbin è stata tradita solo dalla sua disponibilità verso il pubblico. Grande soddisfazione - concludono - per aver portato i Pm a capire che avevano imboccato una strada sbagliata». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino