«O viaggi o ti sposi», ma è la pubblicità di Venezia: bufera sul Canova

«O viaggi o ti sposi», ma è la pubblicità di Venezia: bufera sul Canova
TREVISO - Sulla pubblicità della discordia il Canova si smarca. «La pubblicità dell'aeroporto Canova è gestita dal Gruppo Save, direttamente da...

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TREVISO - Sulla pubblicità della discordia il Canova si smarca. «La pubblicità dell'aeroporto Canova è gestita dal Gruppo Save, direttamente da Venezia» precisa il direttore dell'aeroporto Canova di Treviso, Gianni Carrer. Quanto ai contenuti del messaggio promozionale preferisce un prudente no comment. Commenta, invece, e senza mezze misure don Gerardo Giacometti, parroco di Castello di Godego e icona social di fede e apostolato. «Messaggio promozionale ironico? Che continuino così, e tra non molti anni faranno pubblicità del charter anziani e la badante viaggia gratis». Don Gerardo scuote la testa: quella pubblicità al Canova col corridoio di accesso al gate come icona della libertà e la navata della chiesa come immagine delle catene, proprio non gli è andata giù.


Giovedì la pagina Facebook ufficiale Treviso Airport aveva postato un nuovo lancio promozionale «Siamo appena entrati nel periodo dell'anno ad alto tasso di matrimoni. Ma c'è chi preferisce calcare altri corridoi -scherzano dallo scalo- tu a quale categoria appartieni?». La risposta del Centro della Famiglia non si era fatta attendere Treviso Airport family friendly? Sembra proprio di no -rispondeva il gruppo diocesano, sempre via Facebook- grazie invece a chi scommette su famiglie e matrimonio». Nel mese dei matrimoni si è subito acceso un confronto d'idee. Al di là delle colpe e dei rimbalzi, la levata di scudi del mondo cattolico coglie nel segno di un problema sociale sempre più pesante. Col tasso di denatalità che si ritrova l'Italia, se ci si mettono anche i social media manager delle compagnia aeree con le trovate da fenomeni, siamo a posto.
MESSAGGI INSIDIOSI
«Non sono da sottovalutare queste trovate commerciali -prosegue- Contengono messaggi tutt'altro che innocui, che legittimano la forte contrapposizione culturale che una coppia che si vuol sposare oggi deve affrontare». La società italiana polarizza la definizione: smart uguale a single, mentre il sacro vincolo viene fatto passare come demodè e tendenzialmente poco interessante. Insomma via social, twitter o smartphone si ripropone il veccho adagio: il matrimonio non è soltanto la tomba dell'amore, ma la fine di ogni indipendenza. «Un'alternativa inaccettabile tra matrimonio e libertà che gioca con gli stati d'animo degli unici in grado di dare risposta al dramma della denatalità del paese e di una società che è sempre meno famiglia». Come a dire: oggi si mettono alla berlina le unioni, domani però in una società senza figli, a chiudere bottega saranno proprio le linee aeree, che non avranno passeggeri da portare in vacanza. E infatti don Gerardo aggiunge «Che continuino così, ma tra non molti anni faranno pubblicità del charter anziani e la badante viaggia gratis».
COSI' LA CURIA

Don Paolo Barbisan, direttore dell'ufficio beni culturali d'arte sacra della Curia di Treviso è della stessa opinione. «A prescindere da chi ha la competenza sulla pubblicità, bene ha fatto il Centro Famiglia a sollevare la questione». Nel periodo clou dei matrimoni, che di anno in anno continuano a calare, la famiglia resta uno dei capisaldi della nostra società che la Chiesa continua a proteggere. Irreversibile insomma la crisi del matrimonio? Non proprio. Ma se il gruppo di giudica e ti deride, sposarsi diventa ancora più difficile. «Una delle sfide più grandi che i fidanzati mi raccontano -conclude don Giacometti- non è quella economica per sposarsi, ma quella che li mette di fronte a colleghi di lavoro e amici che li trattano da scemi e che dicono loro: ma chi ve lo fa fare? Basterebbe farsi un giro nel resto dell'UE: Germania, Francia, Olanda. Luoghi in cui lo Stato a colpi di welfare e incentivi consente alle giovani coppie di avere non meno di due figli per nucleo. E coi bambini al seguito girano l'Europa. La pubblicità deve stupire: detto questo, c'è da immaginare che un messaggio del genere sia destinato a farne pochina di strada».
Elena Filini
Mariachiara Pellizzari Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino