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PORDENONE - Primo marzo 1968, il Maggio francese era distante ancora due mesi ma nessuno lo sapeva. In un corso Vittorio Emanuele in festa, però, nel nostro piccolo si consumava lo stesso una rivoluzione. Pacifica. Con la legge 171 di quella data, nasceva come Ente e come territorio autonomo rispetto a Udine la provincia di Pordenone. Erano i giorni della “500” con la targa “Pn0001”. Dopodomani, ma 55 anni fa. E cambia poco se una riforma contestata le Province - con la “P” maiuscola - le ha cancellate de jure. Di fatto, da quel giorno, Pordenone ha iniziato la sua storia di indipendenza, d’identità. E oggi, 55 anni dopo e con una riforma-retromarcia in corso che le Province mira a reintrodurle, dallo stesso territorio germoglia un progetto nuovo: la prossima Provincia - intesa come Ente - dovrà diventare una realtà 4.0, chiamata non tanto a ricalcare le competenze della vecchia istituzione soppressa, quanto a farsi carico di un’operazione di salvataggio con destinatari i piccoli comuni, altrimenti sull’orlo della progressiva sparizione dalle mappe, economiche e demografiche.
IL PIANO
Il sindaco di Erto e Casso, Antonio Carrara, pochi giorni fa ha lanciato una provocazione: «Perché invece di invocare le fusioni in montagna non si uniscono Pordenone e Cordenons...».
I DETTAGLI
«Una Provincia con competenze forti - prosegue il sindaco di Pordenone nell’illustrazione della sua idea per aiutare i piccoli comuni -, avrebbe la possibilità di gestire le gare d’appalto, ma anche ad esempio di fornire ai piccoli comuni le competenze necessarie alla gestione dell’ambiente, delle risorse idriche, dei rifiuti. Pensiamo anche al personale - e qui si torna su uno dei nodi principali se si parla di paesi poco popolati -: arricchendo la Provincia di nuove competenze, risolveresti il problema delle risorse umane che mancano nei territori più isolati, magari sottraendo alla Regione una quota di personale che in questo momento è evidentemente in una situazione di sovrabbondanza». E si arriva infine alla stampella per la montagna, che rappresenta dal punto di vista amministrativo il territorio più in difficoltà in regione. Il piano della Provincia 4.0, infatti, mica vale solamente per il Friuli Occidentale. Una vastissima porzione della provincia di Udine, per esempio, soffre degli stessi problemi avvertiti nella Destra Tagliamento. «Un Ente centrale forte - ha spiegato sempre Alessandro Ciriani - avrebbe un occhio di riguardo soprattutto per la montagna, dove potrebbe contribuire con le sue competenze alla gestione del patrimonio boschivo, dell’energia ma anche dei contributi, di strade, scuole, asili e immobili. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino