Campi a riposo e addio monocoltura: la protesta dei trattori arriva anche in Friuli

La protesta dei trattori
PORDENONE-UDINE - Campi da tenere a riposo a rotazione, politiche ambientali sempre più restrittive e costo della vita che esplode. La protesta dei trattori arriva...

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PORDENONE-UDINE - Campi da tenere a riposo a rotazione, politiche ambientali sempre più restrittive e costo della vita che esplode. La protesta dei trattori arriva anche in Friuli Venezia Giulia. Ma la Coldiretti si sfila: la principale associazione degli agricoltori non sarà presente. La spaccatura in questo caso è netta, con la regia che sarà affidata ai Cobas, con importanti infiltrazioni da parte di quello che resta dei movimenti contro il Green Pass nell'epoca pandemica. L'appuntamento è per lunedì mattina, 29 gennaio, a Udine: i trattori partiranno da viale Vat per convergere poi su piazza Primo Maggio.

LA MOBILITAZIONE
Come detto, in regia c'è il Cobas. Ma soprattutto, come spiegano gli organizzatori «si tratta di una mobilitazione ad oltranza degli agricoltori liberi». Il raduno è previsto alle 11 in viale Vat, mentre i sostenitori si uniranno a partire da piazzale Chiavris, sempre a Udine. Presente anche una connotazione del tutto simile a quella che dieci anni fa aveva caratterizzato la protesta dei "Forconi". Un'avventura finita con un netto insuccesso.
Uno dei principali punti segnalati come critici dal fronte della protesta è quello che riguarda la norma europea che impone agli agricoltori di lasciare una quota di terreno a riposo in ogni stagione. E poi c'è il tema delle monocolture. Bruxelles ordina, anche il Friuli Venezia Giulia deve adeguarsi. La norma stabilita dall'Unione europea utilizza termini fin troppo tecnici: si parla infatti di monosuccessione. O meglio del suo abbandono. Concretamente, significa che un agricoltore non può più piantare lo stesso cereale un anno sì e l'altro anche. Ogni biennio, infatti, scatta il divieto di ripetere la medesima coltivazione sullo stesso terreno. Ovviamente a patto di voler continuare a ricevere le sovvenzioni comunitarie. E dal momento che sono bei soldi, è difficile pensare che qualcuno voglia mettersi di traverso rispetto al provvedimento europeo. L'obbligo di avvicendamento nelle colture di fatto rivoluziona una tradizione che in Friuli Venezia Giulia è più radicata rispetto a quanto avviene negli altri territori. Il cereale più colpito è naturalmente il mais. I contadini avranno davanti a loro una sfida epocale: cambiare tipologia di coltura un anno sì e l'altro no, con il rischio di una perdita economica significativa, soprattutto in regione. E poco importa, ai manifestanti di lunedì, se il governo Meloni abbia già pensato di mettere un freno all'applicazione di questa precisa norma.

IL QUADRO
La ratio alla base del provvedimento europeo si trova in un duplice binario: salvaguardare la produttività del terreno, che secondo gli esperti di Bruxelles sarebbe minore se riferita alla monocoltura, e in seconda battuta rendere più efficace l'azione dei fitofarmaci contro gli agenti patogeni.


Purtroppo in Friuli Venezia Giulia la stretta ambientalista e "green" dell'Unione europea arriva in un momento complicato. Proprio il mais, infatti, ha subito importantissime ripercussioni dopo l'ondata di maltempo che ha colpito un'ampia fascia del territorio regionale nella serata del 24 luglio. La doppia grandinata ha mandato in fumo i raccolti e il prossimo anno si innesterà anche il problema delle limitazioni comunitarie alla produzione del granoturco. Il settore del mais in Friuli Venezia Giulia copre un'area pari a circa 60mila ettari su tutto il territorio. La produzione lambisce le 250 tonnellate.
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Il Gazzettino