Un’asina sbranata viva dal lupo campeggiava ieri sulla rotonda di Farra, in comune di Alpago con il cartello: «Benvenuti in Alpago, dove la montagna muore soffocata...
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LA PROTESTA
L’atto di ieri è stato fatto «perché la gente si renda conto del problema». È stato infatti lo stesso Casagrande ad avvisare chi di dovere, i carabinieri forestali e il veterinario, “autodenunciandosi” e «ovviamente provvederemo alle spese di smaltimento». Alle domande, sulle recinzioni elettrificate risponde: «Non sono un aiuto per l’allevatore per la difesa dai grandi predatori, anche il cane più scarso le riesce a saltare. Figurarsi il lupo. Pensate che non riesca a superare questo ostacolo o farlo superare attraverso la paura agli animali dentro rinchiusi? Esistono anche reti da 180 centimetri, ma non sono adatte alla montagna, dove i recinti si portano a mano». E poi ci sono i cani da guardiania: «Non sono dei soldati antilupo».
L’EMERGENZA
Il problema segnalato da Nico Casagrande è quello legato al mestiere dell’allevatore moderno, fatto non solo di accudire gli animali e produrre i prodotti lattiero caseari, ma l’aspetto burocratico. «Più volte ho dormito insieme agli animali, anche ieri sera. Ma ci sono impegni e scadenze da rispettare. Non mi esprimo sul Piano antilupo, ma faccio notare che c’è il fatto di voler a tutti i costi far convivere, in un tempo solo, gli allevatori di montagna di due epoche diverse: quelli che vivevano solo con il pascolo e quelli, invece, che vorrebbero che continuassimo di fare gli allevatori al passo coi tempi. Ma è il carico burocratico che non permette di conciliare le due situazioni». Le soluzioni sono due, per Casagrande: «O si decide che dobbiamo difenderci dal lupi o cambiare il modo di fare zootecnica. Noi allevatori di montagna, da generazioni, cerchiamo di sopravvivere cercando un colloquio con la natura e siamo sottoposti al giudizio e all’opinione di chi vive in un mondo artificiale, modificato lontano dalla montagna». Per dirla in dialetto «non si parla solo perché si studia, “la pratica la val pì della grammatica”». Se le zone montane rimangono pulite, inoltre, «è grazie agli hobbisti, perché chi ha grandi numeri fatica a raggiungere quei piccoli appezzamenti che solo chi ha pochi animali riesce a curare». Poi ci sono le tradizioni. Il suocero di Nico Casagrande, da generazioni, porta le pecore al pascolo libero sulle Pale del Messer. Lì è si cono «praterie alpine con pendenze elevatissime», impossibile recintare, perché si hanno solo 2, 3 centimetri di terra, il resto sono sassi o lastre.
Il Gazzettino