OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
PORDENONE - Il sit in del 13 novembre 2019 all'Agenzia delle entrate di Pordenone ha portato 44 attivisti del Comitato di liberazione nazionale del Veneto a processo per concorso in interruzione di servizio pubblico. Ieri, davanti al giudice monocratico Piera Binotto, erano citati in dieci: Erik Chiaroni (37 anni) di San Martino di Lupari, Silvia Michela Carrassi (58) di Sacile, Marco Tolio (55) di Schio, Silvia Spezzapria (44) di Lastebasse, Erica Scandian (48) di Malo, Franco Finozzi (59) di Malo, Giovanni Simioni (59) di Alano di Piave, Giuseppe Giordani (74) di Chiampo, Alessandro Geron (42) di Villa del Conte, Gianluca Mantese (46) di San Vito di Leguzzano. Difesi dall'avvocato Edoardo Longo, si sono opposti a un decreto penale di condanna di 2.250 euro decidendo di affrontare il processo. Ieri non c'è stata alcuna attività istruttoria. Il giudice ha riunito il fascicolo con un altro procedimento a carico di altri 34 attivisti, riferito sempre alla stessa vicenda ma già incardinato, e ha rinviato l'udienza al 12 settembre. All'esterno del Tribunale, in segno di solidarietà, c'era una quarantina di manifestanti con le bandiere della Serenissima. Una dimostrazione pacifica, a sostegno degli imputati, andata in scena sotto la sorveglianza della Digos, affiancata dai colleghi della Volante e dai Carabinieri.
LA MANIFESTAZIONE
Quel giorno, invocato il diritto all'autodeterminazione del popolo veneto (sancito per tutti i popoli dalla legge 881/77), i manifestanti volevano aiutare due persone in difficoltà in seguito alle notifiche dell'Agenzia di riscossione. Si presentarono davanti agli uffici alle 9.30 e fino alle 14.20, tra trattative fallite e discussioni con i funzionari dell'Agenzia delle entrate, crearono scompiglio. Alla fine riuscirono a ottenere un colloquio, al termine del quale fu tolto il presidio. La maggior parte dei manifestanti fu identificata dagli investigatori della Digos di Pordenone, che inviarono un'informativa alla Procura in cui si dava conto di quanto era successo in quelle cinque ore.
L'IMPUTAZIONE
Secondo la Procura, i manifestanti avrebbero impedito il flusso agli sportelli costringendo parecchi utenti a rinunciare al proprio turno o ad allontanarsi perché la massiccia presenza di persone con bandiere e cartelloni appesi al collo impedivano l'accesso al palazzo.
Il Gazzettino