Cliente sposa una "lucciola", ma la rimanda sulla strada a prostituirsi

Prostitute in strada
VILLORBA - Si è innamorato di una lucciola e pure lei, dopo qualche incontro, ha cominciato a ricambiare quel sentimento nato sulla strada con il cliente, un...

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VILLORBA - Si è innamorato di una lucciola e pure lei, dopo qualche incontro, ha cominciato a ricambiare quel sentimento nato sulla strada con il cliente, un cinquantenne padovano, con il quale si era appartata per la prima volta ormai quasi dieci anni fa in zona industriale a Villorba, in via Pacinotti. È il 2013 e la prostituta, nigeriana, all'epoca poco più che quarantenne, accetta di andare a convivere con l'uomo, con il quale inizia una relazione coronata infine con il matrimonio. Una storia alla Pretty woman fino a questo punto, non fosse che, successivamente, la vita della lucciola non cambia affatto. Anzi. Lui continua ad accompagnarla in zona industriale a Villorba, dove la donna, almeno fino al 2017, continua a prostituirsi. «Mi accompagnava in auto e a fine nottata si prendeva il denaro dalla borsetta, senza lasciarmi nulla. Mi ha sposata solo per i soldi» l'accusa con la quale la donna ha portato in tribunale il marito, finito alla sbarra per sfruttamento della prostituzione. 


IN TRIBUNALE
Ieri in aula la 55enne nigeriana ha ribadito le sue accuse nei confronti del 50enne, che dopo il matrimonio aveva accolto in casa sia lei che suo figlio, nato da una precedente relazione in Nigeria. In verità la coppia convive ancora sotto lo stesso tetto. Solo che l'uomo, che ha un lavoro fisso, sarebbe ormai costretto ad abitare in garage. «Era lei che mi costringeva ad accompagnarla a Villorba per prostituirsi - ha detto in udienza il padovano -, e se non lo facevo distruggeva tutto. In alcune occasioni mi ha anche aggredito, mi ha minacciato con un coltello, è per questo che sono stato costretto ad andare a vivere in garage».

LE INDAGINI

I carabinieri, dopo la denuncia della lucciola, avevano effettuato degli appostamenti cogliendo sul fatto il marito mentre la accompagnava nella piazzola della zona industriale. «È vero, ero io a portarla in auto - ha spiegato il padovano, difeso dall'avvocato Pier Francesco Ruzza -, ma non ho mai toccato i suoi soldi. So che li inviava alla sua famiglia e li dava ad altre persone, ma non ero io a costringerla a prostituirsi e non godevo dei guadagni». Il processo è stato aggiornato a febbraio.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino