Il vescovo antipesticipidi e gli 80 ettari di coltivazioni: «E' vero, anche la Curia produce Prosecco ma con pochi prodotti chimici»

Il vescovo corrado pizziolo
VITTORIO VENETO - «Sì, siamo proprietari di alcuni ettari coltivati a vigneto. E questo ci fa parlare con cognizione di causa». Il vescovo di Vittorio Veneto...

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VITTORIO VENETO - «Sì, siamo proprietari di alcuni ettari coltivati a vigneto. E questo ci fa parlare con cognizione di causa». Il vescovo di Vittorio Veneto Corrado Pizziolo ci tiene a precisare, a chiarire. Venti giorni fa, con la lettera aperta in occasione del mese del Creato, ha destato scalpore e sollevato polemiche per il richiamo alla sostenibilità rivolto ai produttori di Prosecco, invitando a limitare l’uso dei fitofarmaci. Ma tra i produttori c’è anche la stessa Diocesi, che non ha coltivazioni biologiche anche se detiene la certificazione di qualità Sqnpi (Sistema di qualità nazione di produzione integrata).


Eccellenza, lei ha invitato a non usare i fitofarmaci?
«Non ho mai detto che i prodotti chimici non vadano utilizzati. Nella lettera mi sono richiamato ai “nuovi stili di vita”, alla sostenibilità ed al rispetto. Non ho scritto da nessuna parte che non si debbano usare i prodotti chimici o che si debbano estirpare i vigneti. La diocesi è proprietaria di alcuni ettari coltivati a vigneto e ciò mi fa parlare con cognizione di causa. Ho evidenziato gli aspetti della sostenibilità, dell’uso oculato dei prodotti chimici, esprimendomi contro la monocoltura». 
E riguardo all’impiego dei fitofarmaci?
«Sono consapevole che l’agricoltura non si può fare, almeno per ora, senza l’utilizzo di sostanze di sintesi. Ciò però esige un impiego ragionevole e responsabile ed è quanto viene attuato nei vigneti della diocesi. Fondamentale è anche l’osservanza delle regole di buon vicinato, nel rispetto delle abitazioni che si trovano nei pressi delle coltivazioni, delle scuole o residenze per anziani, asili e altri luoghi sensibili. Ciò che indico non è l’impossibile, ma ciò che ritengo realmente possibile e praticabile, dal momento che l’Istituto diocesano che presiedo già lo pratica». 

Ci sono anche altri viticoltori che già si comportano così.
«Certo e va dato loro atto di questi comportamenti. L’invito è ad ampliarli il più possibile, non solo perché lo dice la legge, ma perché si tratta di buone pratiche di civile e rispettosa convivenza». 
L’Istituto di sostentamento del clero coltiva un’ottantina di ettari a nella Sinistra Piave. 
«I vigneti a Prosecco sono meno della metà. La rimanente parte dei terreni dell’Istituto è adibita ad altre qualità di viti e ad altre coltivazioni:seminativi, noci, boschi, prati…».
Lei ha ribadito la contrarietà alla monocultura. 
«Anche qui parlo con cognizione di causa: l’Istituto diocesano non ha trasformato tutte le sue coltivazioni in vigneti di Prosecco. Insisto sulla sostenibilità, sul rispetto dell’ambiente. Sono convinto che si deve evitare di perseguire la logica del profitto a tutti i costi, sfruttando ogni centimetro quadrato per le coltivazioni, quando invece va lasciato spazio alle siepi, agli alberi, agli insetti utili».
Non nega però le difficoltà.
«So perfettamente che tutto questo non è semplice. Va sempre ricercato il dialogo, con pazienza e rispetto, mettendosi schiettamente a confronto». 
Nella lettera si evidenzia che non c’è solo l’inquinamento da prodotti di sintesi. 


«Le logiche del profitto a tutti i costi sono alla base di un consumismo esasperato, caratterizzato da forme di sfruttamento, caporalato, ai danni delle persone più fragili ed indifese».
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Il Gazzettino