Lo stop del presidente Zaia: «Basta nuovi vigneti di Prosecco»

Lo stop del presidente Zaia: «Basta nuovi vigneti di Prosecco»
TREVISO - «I vigneti di Prosecco che già ci sono bastano e avanzano». Il governatore Luca Zaia lancia un messaggio molto chiaro verso il mondo del Prosecco,...

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TREVISO - «I vigneti di Prosecco che già ci sono bastano e avanzano». Il governatore Luca Zaia lancia un messaggio molto chiaro verso il mondo del Prosecco, settore trainante dell'economia veneta. E si può tradurre, più o meno, così: la quantità di vino con le bollicine prodotta è sufficiente.


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E lo è anche dal punto di vista della qualità. Adesso bisogna lavorare sulla giusta comunicazione e sulla valorizzazione del paesaggio. Basta, insomma, dare l'impressione di una corsa sfrenata ad occupare con nuove vigne ogni minimo ritaglio di terreno. Il Prosecco, nel mondo, è attualmente forse il vino più apprezzato. Un patrimonio di credibilità da difendere e, possibilmente, da aumentare.
 
Governatore Zaia, partiamo dalla sentenza del Tar che ha vietato l'installazione di un vigneto di quattro ettari in una zona di pregio del Montelletto.
«Da quello che si evince dai giornali, quella sentenza si riferisce al progetto di piantumare un grande vigneto in una zona tutelata dal vincolo paesaggistico. Una cosa che non poteva essere fatta. Si tratta di un caso specifico, che sul Montello capita spesso».
Non può essere letta come un tentativo di arginare la tendenza a piantare sempre più vigneti?
«Sono due discorsi diversi. La sentenza del Tar fa riferimento a una questione specifica dove viene contestato il progetto di piantare quattro ettari di prosecco in una zona vincolata e con determinati equilibri da rispettare tra le varie componenti come vigneti, coltivazioni, prati, boschi. Ci sarebbe stata una sentenza negativa anche se, al posto del Prosecco, fosse stato chiesto di piantare quattro ettari bosco. È proprio una questione di equilibrio paesaggistico che il Tar, e prima ancora la Sovrintendenza, hanno voluto tutelare».
Invece la corsa ai vigneti è altra cosa.
«Sì. Ritengo che i vigneti di Prosecco esistenti bastino e avanzino. Del resto parliamo di una produzione che, tra Doc e Docg, arriva a 550 milioni di bottiglie all'anno».
Più che aumentare la quantità è necessario, quindi, lavorare sulla qualità.
«Il settore lo sta già facendo con una rigida autoregolamentazione e con accorgimenti che ci stanno sempre più portando verso un vigneto sostenibile».
L'accusa è quella che i vigneti di prosecco inquinino.
«Non è giusto dire questo, non si può affermare che il prosecco inquini e gli altri vigneti no. Le viti seguono le latitudini: i protocolli dei trattamenti fitosanitari in campagna sono uguali in tutti i vigneti a questa latitudine. E il prosecco inquina di meno perché si è dato una autoregolamentazione. Non basta, ma aiuta per un percorso virtuoso».
Serve una giusta comunicazione.
«Infatti. Mi rivolgo al mondo del prosecco chiedendo una dimostrazione di responsabilità. Oggi la comunicazione deve essere unica. E bisogna andare indiscutibilmente verso un vigneto totalmente sostenibile, come ho già scritto in un libro nel 2009».
La comunicazione dovrebbe sottolineare la qualità del prodotto. Ma l'impressione è che si continui a riempire il territorio di vigneti.
«Sbagliato. Bisogna valorizzare il prodotto e il processo di produzione. Da parte mia non firmerò decreti di ampliamento per i vigneti esistenti o autorizzazioni a nuove piantumazioni. Dobbiamo valorizzare quanto abbiamo già a terra».
E qui entra in ballo anche la promozione turistica.
«Le zone del prosecco stanno diventando la prima meta turistica della regione per tasso di crescita. Abbiamo un paesaggio unico. Inoltre quelle colline, se non ci fosse questo tipo di produzione, sarebbero abbandonate: questo è necessario dirlo».
Gli ambientalisti però hanno da ridire sull'eccessiva coltivazione, soprattutto in quelle collina.
«Rispondo con un dato: in Veneto abbiamo 7mila frane e si trovano tutte in zone boschive ma abbandonate, dove non c'è nessuno che si occupi di curare il terreno o i corsi d'acqua o che ci lavori coltivando».
Infine, a proposito di qualità, c'è la partita del riconoscimento delle colline del Prosecco come patrimonio dell'Umanità da parte dell'Onu.
«E anche qui vorrei far capire una cosa, che mi pare ovvia: parliamo della tutela di un paesaggio unico al mondo, non di un vino. Lo so che qualcuno scambia questa battaglia per una difesa di un vitigno o di un prodotto: ma si sbaglia di grosso. Non è proprio così: qui parliamo solo di un paesaggio stupendo. Chi pensa il contrario non ha capito niente».
La partita per ottenere questo riconoscimento è però ancora in corso.

«Sì, ma sono convinto che tutto si chiuderà positivamente a giugno, nell'assemblea in programma a Baku in Azerbaijan». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino