Prosecco, guerra miliardaria: l'Australia non riconosce la Doc, salta l'accordo con l'Unione europea

Nuova guerra per il prosecco
VENEZIA - Dopo cinque anni di trattative, si è arenato l'accordo di libero commercio fra l'Australia e l'Unione europea. Ad affossarlo è stato anche il...

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VENEZIA - Dopo cinque anni di trattative, si è arenato l'accordo di libero commercio fra l'Australia e l'Unione europea. Ad affossarlo è stato anche il Prosecco, un vino che vale 200 milioni di dollari per l'economia del Paese dei canguri, dove però il 78% del consumo interno è soddisfatto dalla produzione locale. Per questo Canberra si è opposta alla richiesta di limitare l'uso del marchio che è un'indicazione geografica riconosciuta da Bruxelles, la quale a sua volta non si è mostrata disposta a concessioni significative nell'importazione di zucchero, carne bovina e latticini.

LA PROTEZIONE
Nei mesi scorsi il governo guidato dall'italoaustraliano Anthony Albanese aveva promosso un processo pubblico di opposizione al sistema di protezione dell'Ue. Nello specifico segmento enologico, l'Australian Grape&Wine Incorporated, cioè la Federazione nazionale dei vitivinicoltori, aveva commissionato una ricerca alla Monash University di Melbourne e alla Macquarie University di Sydney, mirata a dimostrare che non può essere "Glera" il nome del vitigno da cui viene ottenuto il vino più famoso del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Fra le altre, era stata raccolta la testimonianza di Otto Dal Zotto, emigrante partito nel 1967 da Valdobbiadene e diventato il pioniere delle bollicine trevigiane nella King Valley, per provare che la pianta si era sempre chiamata "Prosecco", per cui sarebbe illegittimo il divieto di utilizzare quella denominazione fuori da confini del Nordest italiano.
Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela della Doc, puntualizza: «A nostro avviso non è il tema Prosecco il motivo della mancata conclusione dell'accordo tra Ue e Australia che, a quanto ci è dato a sapere, si è interrotta per le pretese australiane di accesso al mercato Ue, richieste ritenute irricevibili dai negoziatori europei». Ad ogni modo il numero uno dell'ente aggiunge: «Per quanto ci riguarda, ritengo incomprensibile l'atteggiamento dei produttori australiani che si ostinano ad opporre il riconoscimento della nostra indicazione geografica, nonostante gran parte dei paesi importatori abbiano già protetto la nostra denominazione, non ultimi Nuova Zelanda e Cina, due dei più importanti mercati per il vino australiano».
Lee McLean, amministratore delegato dell'Australian Grape&Wine, rivendica invece il ruolo del vino nel fallimento dei colloqui, secondo quanto riportato da Winetitles Media: «Sosteniamo pienamente la decisione del governo australiano di abbandonare i negoziati in corso, piuttosto che accettare un accordo che non è nell'interesse dei produttori di Prosecco australiani o del settore agricolo in generale. Qualsiasi risultato che mirasse a ridurre il nostro attuale accesso al mercato sarebbe dannoso per la nostra fiorente industria del Prosecco e sarebbe contrario all'intento di un accordo di libero scambio che mira ad aumentare l'accesso al mercato e rimuovere le barriere commerciali. I produttori australiani di Prosecco vogliono solo mantenere il diritto di utilizzare il "Prosecco" come vitigno nei nostri mercati sia nazionali che internazionali».

IL BLOCCO


In questo lustro di trattative, l'Ue è stata descritta all'opinione pubblica australiana come un enorme blocco commerciale ad alto reddito formato da 445 milioni di persone, con il quale finora vigono quote rigorose e tariffe elevate sulle importazioni agricole. L'obiettivo dei negoziatori "aussie" era di rimuovere, o almeno di ridurre sostanzialmente, le restrizioni al libero commercio. Ma ad Osaka, negli incontri a margine del G7, il confronto si è inabissato. «La Commissione europea è pronta a proseguire i negoziati», ha assicurato Gabriele Visentin, ambasciatore di Bruxelles a Canberra. «Credo che ci vorrà molto tempo prima che un governo australiano e una leadership europea possano negoziare un accordo», ha però replicato Murray Watt, ministro dell'Agricoltura, lasciando intendere che la riconvocazione del tavolo potrebbe non avvenire prima delle prossime elezioni generali, fissate per il 2025.
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Il Gazzettino