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LA VICENDA
Per quanto riguarda il caso specifico, il ricorso della Tenuta Agricola San Martino contro il Comune di Vittorio Veneto è stato accolto parzialmente. In uno dei due terreni di sua proprietà, a destinazione agricola, l'attività potrà continuare. Invece in quello più grande, che ha una diversa classificazione urbanistica e confina con l'asilo di San Giacomo di Veglia (dunque con un sito altamente sensibile), la piantumazione potrà essere effettuata solo dopo un eventuale convenzionamento con l'ente pubblico «che ne disciplini la funzione di interesse generale per la collettività». Inoltre la richiesta di risarcimento dei danni è stata respinta, poiché nulla qualifica «come illecita la condotta dell'amministrazione comunale». Ma c'è un aspetto che va ben oltre i confini locali della vicenda. Si tratta delle prescrizioni contenute in una delle ordinanze impugnate: da un lato che «la coltivazione della vite avvenga con metodo biologico certificato, in adesione allo specifico disciplinare dettato dal Protocollo Viticolo del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg»; dall'altro che «la lavorazione del vigneto e delle pertinenze in esclusive fasce orarie e giorni esterni all'attività della scuola materna avvenga in modo da evitare dispersione di polveri e rumori».
IL DECALOGO
Per quanto riguarda il primo punto, il Tribunale amministrativo regionale ricorda che il Consorzio di tutela è un «soggetto di natura privata», che ha affidato a una commissione di esperti l'incarico di redigere un decalogo più restrittivo delle vigenti normative italiane ed europee, proponendolo ai produttori come «disciplinare di difesa integrata avanzata di tipo volontario che vuole promuovere un atteggiamento virtuoso in ambito fitosanitario, tramite la selezione delle sostanze attive utilizzabili in viticoltura, secondo princìpi rigorosi ed oggettivi». Osservano i giudici: «Ora, se è vero che il Protocollo fornisce agli operatori del settore le opportune linee guida per una gestione della difesa integrata della vite nell'ambito, a sua volta, delle Linee tecniche di difesa integrata (Ltdi) predisposte dalla Regione Veneto, lo stesso tuttavia è privo del carattere tipico di un documento scientifico ed ufficiale proveniente da un'Autorità sanitaria pubblica, competente in materia di tutela della salute e dell'incolumità pubbliche».
Inoltre per il Tar «è fonte di perplessità» l'ordine all'impresa vitivinicola di seguire il metodo biologico certificato, in quanto «la coltivazione biologica può avvenire a prescindere dalla certificazione, la quale non ha carattere di ufficialità». Oltretutto l'obbligo del bio per i nuovi vigneti è stato previsto da una deliberazione illegittima, perché «non è consentita una variazione unilaterale di un atto collegiale approvato da una pluralità di soggetti pubblici», qual è il regolamento intercomunale adottato da tutti i 15 municipi dell'area Docg.
LE LIMITAZIONI
Quanto alle limitazioni temporali imposte dal Comune, sempre sulla base della delibera regionale dedicata ai siti altamente sensibili, secondo il Tar risulta «indeterminata la prescrizione a svolgere l'attività in fasce orarie e giorni estranei all'orario ed al calendario scolastico» e «questa indeterminatezza non giova alla chiarezza ed all'estensione precettiva di un atto il cui scopo fondamentale è di tutelare in via precauzionale la salute degli alunni». I magistrati rimarcano infine che non possono essere impedite, in una formulazione tanto generica, lavorazioni prive di impatto sulla salute: «Si pensi, ad esempio, alla potatura, al taglio dell'erba tra i filari, all'ordinaria cura della pianta della vite o alla stessa attività di vendemmia». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino