Assalto al Pronto soccorso per influenza e covid, operatori stremati

Code per i tamponi all'ospedale
ROVIGO - Influenza e Covid stanno nuovamente mandando in sofferenza la sanità, in Polesine come in tutta Italia. Un cane che si morde la coda, perché i medici...

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ROVIGOInfluenza e Covid stanno nuovamente mandando in sofferenza la sanità, in Polesine come in tutta Italia. Un cane che si morde la coda, perché i medici di medicina generale sono sempre meno e con sempre più assistiti, e di fronte a impennate di pazienti malati, sono presi d’assalto. Il “primo filtro” intasato porta all’intasamento anche del Pronto soccorso. E quello dell’ospedale di Rovigo si è trovato, negli ultimi giorni, a vivere situazioni di grande difficoltà. Per fronteggiare tale sovraffollamento è stato deciso di attivare 16 posti letto aggiuntivi. Una scelta quasi inevitabile.


Il problema, però, è che la coperta è cortissima. Riccardo Mantovan della Fp Cgil parla senza mezzi termini di «collasso della sanità polesana, emergenza annunciata, disastro prevedibile, lavoratori dell’Ulss 5 esausti verso lo stato di agitazione. Già a giugno nella difficoltà di gestire un piano ferie estive avevamo chiesto di prevedere un piano operativo ordinario di gestione di possibili ulteriori periodi di grandi afflussi, per non arrivare al periodo autunnale impreparati e costretti poi ad agire in emergenza. E oggi stiamo nuovamente parlando di emergenza: circa 100 ricoveri Covid sparsi nei tre ospedali in reparti dove nello stesso corridoio trovi anche degenti non infetti, con gli operatori sanitari costretti a lavorare in condizioni difficili e un picco elevato di stati influenzali che sta mettendo in ginocchio il Pronto soccorso. Questo ha costretto ad aprire, sempre in emergenza, un reparto con 16 posti letto. Con quale personale? Sempre con gli stessi che da tre anni lavorano come se fossero sempre in emergenza, operatori sanitari stremati che ci chiamano chiedendo aiuto. Professionisti che hanno perso la continuità con la famiglia, hanno bisogno di supporto psicologico e stanno pensando di cambiare lavoro».


CARENZE E ACCUSE


La situazione, spiega Mantovan, è fatta di «turni estenuanti, orari cambiati oggi per domani, riposi saltati, ferie bloccate, richiami in servizio, riorganizzazioni continue, trasferimenti da un presidio ospedaliero all’altro. Mancano circa 100 infermieri e 40 Oss. Per la mancanza di tecnici di laboratorio l’ospedale di Adria non avrà più un laboratorio analisi attivo 24 ore e il Trasfusionale di Trecenta cesserà di esistere. Nel frattempo si stanno riducendo i contratti a tempo determinato di personale che fa funzionare il Contact tracing, servizi tamponi e vaccinazioni. In questa situazione, paradossalmente, questa amministrazione 24 ore prima di dichiarare lo stato di emergenza, probabilmente per rispondere a Report, comunica l’apertura di un reparto di Riabilitazione a Trecenta». Sulla stessa linea Cristiano Pavarin, segretario Uil Fpl. «Dopo quasi tre anni siamo qui a capire come gestire l’emergenza: avevamo chiesto in tempi non sospetti di prevedere un piano di emergenza, invece siamo qui, ancora una volta, a ricercare soluzioni estemporanee che pesano sulla vita di operatori e medici. Il Ponto soccorso è andato in affanno e aveva bisogno di una soluzione immediata. Ma si poteva anche prevedere che sarebbe accaduto. E ora ci troviamo di fronte a una soluzione tampone che impatta pesantemente sugli altri reparti e soprattutto, su lavoratori già ininterrottamente sotto pressione da un triennio, ai quali si chiede non solo uno sforzo nell’accettare la riorganizzazione, ma anche di far fronte a rinunce personali. Questo perché l’organico è ridotto all’osso e servono assunzioni massicce. Serve il coraggio di fare scelte drastiche. È invece si sceglie la strada più semplice: quella di richiedere ulteriori sacrifici ai lavoratori già stremati da tre anni di pandemia». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino