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PORDENONE - Solo pochi giorni fa tornava a suonare l’allarme al Pronto soccorso di Pordenone. Si parlava - con testimonianze che arrivavano direttamente dall’interno del reparto - di pazienti costretti ad attendere il loro turno in barella nei corridoi e di nuove aggressioni ai danni del personale sanitario. Una situazione potenzialmente esplosiva. Forse comune a molti altri reparti simili nel resto della regione, ma nuova per quanto riguarda il Friuli Occidentale. Tutte coperte dall’anonimato, fino ad ora, le testimonianze crude dall’interno del Pronto soccorso. Ieri, invece, grazie all’appoggio dei social, c’è un medico che ci ha messo anche la faccia. Nonché la firma in calce ad un post pubblico capace di attirare decine di consensi in poco tempo. Quella di Carlo Stefanon, medico di Pronto soccorso a Pordenone, è una foto-denuncia, nonché un messaggio alla politica.
Post del medico su Facebook
Il suo è un discorso diretto. Sia per la forma che per la “freccia” lanciata verso chi è chiamato a governare - non solo in regione, sia chiaro - il futuro della salute. E il problema è quello che poi causa le lunghe attese prima di una visita e in fondo anche le aggressioni da parte di pazienti sempre più alterati: la mancanza di personale sanitario e le fughe di professionisti verso il privato. «Cercare di risolvere i problemi del sovraffollamento dei Pronto soccorso - ha scritto Stefanon - della carenza di posti letto nei reparti (soprattutto medici), dell’emorragia del personale sanitario verso il privato, solo bandendo concorsi che vanno quasi sempre deserti senza contemporaneamente pensare ad investire risorse e uomini su un territorio troppo e a lungo abbandonato a se stesso e che non più rispondere alle esigenze di una popolazione sempre più anziana, è una battaglia persa già sulla carta».
Quali sono i problemi della sanità locale e come risolverli
«Lo dico tranquillamente a politici e a che gestisce la sanità - tuona il medico pordenonese -.
«Ed un territorio sempre più simile alla pampa sconfinata di un noto Carosello degli anni ‘60 così caro a noi bimbi d’allora. So di ripetermi, sarà anche l’età e la stanchezza, ma credo ci sia ancora poco tempo da perdere per cambiare le cose». «Nessuna programmazione a medio-lungo termine, solo un vivere alla giornata sperando che il vento cambi da solo, troppo poco. Sposo in pieno ogni tua parola», è la risposta di Andrea Gelli, un altro professionista medico dell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Considerazioni forse generali, che però disegnano dall’interno dei reparti quella realtà che spesso viene riportata in forma anonima. Non stavolta.
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