Pronto soccorso allo stremo: i profughi ucraini intasano la sanità

Cresce il numero di profughi che chiedono aiuto
PORDENONE - La pandemia che ha colpito duro nei due anni precedenti e che continua a graffiare sommata alla cronica assenza di personale nelle strutture sanitarie, in...

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PORDENONE - La pandemia che ha colpito duro nei due anni precedenti e che continua a graffiare sommata alla cronica assenza di personale nelle strutture sanitarie, in particolare del Friuli Occidentale, erano già un valido motivo per mettere in difficoltà la sanità regionale, soprattutto i pronto soccorso, ma in generale più servizi. A questo si aggiunge un altro problema non da poco: l'arrivo dei profughi dall'Ucraina e quelli che in regione, entrati dalla rotta balcanica, stanno aspettando di avere il permesso di soggiorno. A metterlo nero su bianco è stata l'azienda sanitaria del Friuli Occidentale, quando a dirigerla c'era ancora Joseph Polimeni.

L'ALLARME
La segnalazione è indicata sull'aggiornamento del piano anti corruzione dell'Asfo, ma è una regoletta che quasi certamente viene inserita in tutti gli aggiornamenti delle strutture sul territorio. Ebbene, si legga che l'emergenza Covid ha costituito un evento dirompente sul piano sanitario, sociale ed economico: la pandemia sta mettendo a dura prova le strutture e gli operatori sanitari, oltre a fornire opportunità di infiltrazioni dell'economia criminale nella realtà locale. L'emergenza sanitaria ha impattato su un sistema economico già in difficoltà, riducendo la disponibilità di liquidità finanziaria e creando nuove sacche di povertà e di disagio sociale e psicologico. In questa situazione è auspicabile l'aumento delle risorse finanziarie pubbliche tanto in sanità come a favore delle attività produttive».

PROFUGHI UCRAINI
Il documento è molto chiaro anche su questo punto. «Una importante criticità è emersa in questo ultimo periodo a causa della guerra in Ucraina e del conseguente afflusso di profughi ucraini la cui presenza accresce la pressione sull'assistenza ospedaliera (pronto soccorso pem adulti e pediatrico nello specifico ndr.), sul Dipartimento di prevenzione, sui medici di medicina generale e sui pediatri dell'Asfo. A questo c'è da aggiungere che il peso della presenza dei profughi ucraini e degli stranieri non regolari, si fa anche sentire pure sulle guardie mediche. Dove sono rimaste».

I NUMERI
C'è subito da aggiungere una cosa per evitare fraintendimenti: non è certo colpa di chi è arrivato da noi se ci sono problemi e intasamenti nei servizi, scappano da una guerra ed è sacrosanto aprire le porte. Il fatto è che giustamente usufruiscono dei servizi e quello sanitario era già ingolfato solo con i pazienti residenti in provincia e regione. A Pordenone i profughi ucraini sono intorno ai mille e 400, anche se non è facile indicare un numero giusto perchè non avendo vincoli territoriali e nessun obbligo di stazionamento, c'è un passaggio anche consistente da una provincia all'altra. A Udine, invece, i profughi ucraini sono circa duemila e settecento. In gran parte di tratta di donne con bambini e persone anziane. Una parte di loro vive in case private e l'affitto è pagato con i soldi della Regine e i fondi europei. In altre situazioni, invece, le case sono state messe a disposizione dai Comuni.

NON REGOLARI


Oltre ai profughi ucraini a usufruire, giustamente, dei servizi sanitari sono anche gli stranieri in attesa di avere il permesso di soggiorno, chiesto per motivi umanitari. In Friuli sono circa quattromila che si trovano in questa condizione sommando anche chi ha avuto il primo rifiuto dalla Commissione ed è ricorso al Tar. In gran parte sono dislocati nei comuni. Tutti in ogni caso possono ricorrere sia a un medico di medicina generale, ma non sempre sono informati su dove si trovi, alle strutture del distretto sanitario e ovviamente al Pronto soccorso che resta un faro visto che è sempre aperto. Facile immaginare che a fronte di una carenza di organico oramai atavica il forte l'afflusso mette in crisi le strutture.
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Il Gazzettino