Truffa e corruzione a Ca' della Robinia, via al processo a Sernagiotto

Remo Sernagiotto nello studio del suo legale, l'avvocato Fabio Crea
Al via il processo per truffa aggravata e corruzione che vede imputato l’europarlamentare Remo Sernagiotto. Ieri mattina, davanti al collegio del tribunale di Treviso, si...

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Al via il processo per truffa aggravata e corruzione che vede imputato l’europarlamentare Remo Sernagiotto. Ieri mattina, davanti al collegio del tribunale di Treviso, si è aperto il procedimento penale che vede l’esponente di Fratelli d’Italia, difeso dall’avvocato Fabio Crea, alla sbarra per lo scandalo Ca’ della Robinia assieme ad altri quattro imputati. Si tratta dell’ex dirigente dei Servizi sociali Mario Modolo (assistito dai penalisti Antonio Franchini e Cristiana Cagnin), l’imprenditore Giancarlo Baldissin (difeso da Massimo Benozzati) e il consulente finanziario Egidio Costa (avvocato Andrea Gobbo). Come Sernagiotto, pure Modolo e Baldissin sono imputati di truffa aggravata e corruzione (e il secondo anche di bancarotta fraudolenta), mentre Costa è accusato di truffa aggravata. Il quinto imputato, Pierino Rebellato, ex consigliere di amministrazione della cooperativa Ca’ della Robinia, ha revocato la richiesta di patteggiamento e affronterà anche lui il dibattimento. Si è trattato di un’udienza interlocutoria: il processo si aprirà formalmente il prossimo 26 maggio quando inizierà la sfilata dei testimoni del pubblico ministero Gabriella Cama. Tra questi anche gli imputati, di cui è stato chiesto l’esame.


LA VICENDA 
La Regione Veneto si è costituita parte civile con l’avvocato Antonella Lillo, socio fondatore dello studio legale BM&A di Treviso, chiedendo 3,4 milioni di euro di risarcimento, ovvero l’ammontare del finanziamento contestato che sarebbe dovuto servire per realizzare una fattoria didattica nell’area dell’ex Disco Palace di Nervesa della Battaglia, al tempo di proprietà di Baldissin. In realtà, secondo l’accusa, quel denaro servì per finanziare la nascita di una birreria. Al centro della vicenda la società cooperativa Ca’ della Robinia, fondata e gestita da Bruna Milanese e dai figli Selene e Stefano Bailo, che hanno patteggiato pene comprese tra l’anno e i due anni e quattro mesi di reclusione per le contestazioni, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta e truffa aggravata. 

LE INDAGINI
Le indagini della Procura di Treviso scattarono nel 2016, quando Ca’ della Robinia fallì. In quel crac gli inquirenti ravvisarono una serie di bancarotte fraudolente la cui genesi svelò la presunta truffa, commessa secondo gli inquirenti nel febbraio del 2012, quando si arrivò alla sottoscrizione di una convenzione tra la neonata società “Ca’ della Robinia cooperativa sociale” e la direzione dei Servizi sociali della Regione. Assessore al Sociale era Sernagiotto, mentre Modolo era il direttore. Il progetto approvato dalla giunta prevedeva la realizzazione di una struttura con laboratorio di produzione casearia, un’ippovia e alloggi per persone svantaggiate da costruire nell’area in cui sorgeva la discoteca. 

LE CONTESTAZIONI 

Dalle indagini è emerso che Ca’ della Robinia, al tempo in cui ricevette i soldi, non era neppure una cooperativa sociale e che non avrebbe potuto chiedere quel finanziamento. Nonostante questo, sostiene la Procura, la pratica andò avanti grazie a quanto previsto dalla legge regionale numero 8 del settembre del 2011, di cui l’allora assessore Sernagiotto si fece relatore e che prevedeva l’istituzione del fondo di rotazione dei finanziamenti per progetti sociali da estendere anche agli acquisti di immobili. Per gli inquirenti Sernagiotto avrebbe spinto la Milanese a comperare l’ex discoteca da Baldissin, che intendeva coprire i suoi buchi finanziari e che avrebbe poi versato a Sernagiotto e Modolo una presunta tangente da 63.680 euro sotto forma di due assegni, datati 4 dicembre 2012 e 18 gennaio 2013, intestati alla società “Immobiliare L’Airone Blu s.r.l.”, che gestiva i locali utilizzati da Sernagiotto per le riunioni con i sostenitori politici locali. «Sono sempre stato un uomo delle istituzioni – aveva commentato l’eurodeputato al momento del rinvio a giudizio – e ora a processo potrò dimostrare la mia innocenza e soprattutto di non aver mai tradito le mie responsabilità di amministratore pubblico». Accadrà a luglio, quando sarà chiamato a rispondere alle domande del pm. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino