«Processato a sua insaputa», e così il ladro può farla franca

«Processato a sua insaputa», e così il ladro può farla franca
VENEZIA C’erano voluti ben 7 anni per identificarlo, condannarlo e acciuffarlo. Ma ora il ladro ha buone possibilità di farla franca: la Cassazione ha accolto il suo...

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VENEZIA C’erano voluti ben 7 anni per identificarlo, condannarlo e acciuffarlo. Ma ora il ladro ha buone possibilità di farla franca: la Cassazione ha accolto il suo ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, annullando pure il precedente verdetto del Tribunale di Vicenza, poiché l’imputato di nazionalità moldava era stato processato a sua insaputa visto che non reperibile sul territorio nazionale. Prima di essere individuato come l’autore delle incursioni, infatti, il malvivente era stato espulso in quanto clandestino e dunque tecnicamente non poteva essere considerato un latitante.

LA VICENDA
Tutto comincia il 28 gennaio 2010 a Romano d’Ezzelino, quando le aziende Terzer e Imet vengono ripulite di computer, cellulari, attrezzi e contanti. Per venti mesi i due furti, qualificati come aggravati per l’orario notturno e l’effrazione degli infissi, restano a carico di ignoti. In realtà le indagini dei carabinieri continuano e, grazie alle analisi del Ris di Parma su tre mozziconi di sigaretta, culminano nell’identificazione del presunto responsabile: Andrei Movileanu, che è nato in Moldavia nel 1984 e ha precedenti penali e false identità (come Andrei Mocanu) alle spalle. Così il 20 settembre 2011 il gip di Bassano del Grappa emette un’ordinanza di custodia cautelare a suo carico. Ma da allora in poi l’uomo non si trova più, tanto che l’11 ottobre viene dichiarato latitante. Tuttavia la giustizia fa comunque il suo corso: il 12 marzo 2015 il giovane viene condannato in contumacia dal Tribunale di Vicenza e il 18 febbraio 2016 la sentenza viene confermata dalla Corte d’Appello di Venezia. Il moldavo lo scopre però soltanto il 2 marzo 2017, quando tenta di rientrare in Italia ma viene intercettato all’aeroporto di Treviso dalla polizia di frontiera, che esegue nei suoi confronti il provvedimento restrittivo.
IL RICORSO

A quel punto la difesa di Movileanu presenta ricorso in Cassazione, puntualizzando che all’epoca l’uomo era irrintracciabile poiché il 19 giugno 2010 era stato «materialmente imbarcato su un volo diretto in Moldavia» e quindi «non può affermarsi che si sottrasse volontariamente all’esecuzione del provvedimento restrittivo». Precisa anzi l’avvocato Gianluca Taglioni che il 34enne «avrebbe avuto il diritto che si svolgessero rituali e complete ricerche, anche all’estero», invece «venne formalizzata solo una nomina di difensore di ufficio», per cui la dichiarazione di latitanza «deve ritenersi nulla». Il legale aggiunge inoltre dubbi sull’attendibilità dei mozziconi analizzati e sulle aggravanti contestate al suo assistito, ma la Suprema Corte ritiene sufficiente già il primo motivo di doglianza. Come peraltro deve riconoscere anche il sostituto procuratore generale Olga Mignolo, per quanto paradossale il corto circuito giuridico è lampante: «L’erronea dichiarazione di latitanza intervenuta antecedentemente all’esercizio dell’azione penale determina la nullità assoluta ed insanabile di tutti gli atti successivi». Dunque ora il fascicolo tornerà alla Procura di Vicenza. Peccato che il reato di furto si prescriva in sei anni: dall’inizio della storia ne sono ormai passati otto.
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Il Gazzettino