La prima assoluta di "Flatlandia" allarga i confini di teatro, musica e danza

Una scena dello spettacolo multimediale Flatlandia
ROVIGO - Quando Edwin Abbott scrisse Flatlandia, parlare di “quarta dimensione” era solo un’esercitazione accademica per un numero ristretto di matematici....

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ROVIGO - Quando Edwin Abbott scrisse Flatlandia, parlare di “quarta dimensione” era solo un’esercitazione accademica per un numero ristretto di matematici. Poi, arrivò Einstein ad aprire la strada verso una nuova dimensione nello spazio; uno spazio che si espande e dove ci sono distanze che non si possono misurare se si resta vincolati alla Terra e alle sue tre dimensioni. Ora, dopo la prima assoluta, sabato sera, al Sociale di Rovigo, Flatlandia ha avuto un elevamento a potenza dall’abbinamento alla coproduzione realizzata dal Conservatorio “Venezze” e dal Teatro Sociale. Puntare infatti sull’innovazione e sulla libertà di coinvolgere assieme ai diversi dipartimenti del Conservatorio di Rovigo anche 5 coreografe, 36 ballerine e 2 attori, ha moltiplicato i fattori ispirati dalla “base” di Abbott. Che dunque, nell’allestimento multidimensionale curato dal direttore del “Venezze”, Vincenzo Soravia, come ideatore e curatore di testi e sceneggiatura (il libretto dell’opera è di Andrea Vivarelli), insieme al maestro Stefano Celeghin per la concertazione e la direzione, e a Claudio Ronda in regia, ha riletto Flatlandia come essenza di un nuovo mondo, dove abbandonare le paure e lasciarsi andare alla fantasia.



REALTÀ E FANTASIA 

Flatlandia veniva già celebrata come “profezia”. E mostrava che il tempo importa, eccome, per spiegare certi fenomeni. Adesso, nell’opera “made in Rovigo”, mette in luce tutta la sua fantasia eppure fondata su scienze esatte. Dal punto di partenza segnato dal libretto di “matematica di fantasia” pubblicato da Abbott nel 1882, non sono semplici i modelli scientifici successivi, con caratteristiche come l’equazione di campo di Einstein (fondamentale nella teoria della relatività generale) e poi l’espansione dello spazio. Tuttavia, ancora Einstein aiuta a chiarire tutto: basta ricordare quando disse che “due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi”. Perché anche un genio come Einstein si rifiutava di abbandonare certe convinzioni: ad esempio, la sua concezione dell’universo statico. Come nella combinazione dei “quattro in uno” che genera completezza armoniosa dalle voci di basso, tenore, soprano e contralto, Flatlandia genera armonia con musica, canto e immagini che si fondono a coreografie e suoni naturali del Delta del Po e “sintetici”: così brilla ancora più chiaro il messaggio della coproduzione rodigina, efficace nel rendere l’arte un lavoro di gruppo. Abbott, raccontando Linelandia, Flatlandia e Spacelandia - mondi rispettivamente a una, due e tre dimensioni - mostrava che le esperienze restano confinate, se a queste si resta ancorati. Se non si toglie l’ancora delle certezze e s’affrontano con speranza il mare aperto e le proprie paure, il percorso nella vita è lo stesso di un mendicante che accetta ciò che la vita offre. Invece, quando si aprono le vele al vento dei sogni, la vita prende l’energia che solo un dio creatore può avere.

MOLTEPLICITÀ DI LINGUAGGI 


Nel debutto al Sociale la bellezza della versione ispirata al racconto fantastico di Abbott s’è compiuta nel suo obiettivo di destare i sogni del pubblico, quasi da tutto esaurito, e di mostrare sogni che diventano fatti nella lucentezza delle voci di Silvia Belluco, Liu Yang, Li Wei e Jone Babelyte; nell’abilità degli orchestrali, dei visual artist e dei video maker del “Venezze”; e nell’intensità dei linguaggi dei corpi in danza e dei brani originali di 12 studenti compositori che vivono già di luce propria, rispetto ai brani noti selezionati per l’opera. Premio, cinque minuti di applausi.
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Il Gazzettino